Recensione: Medea di Rosie Hewlett
Autrice: Rosie Hewlett
Genere: romanzo storico mitologico, retelling
Editore: Piemme
Data di pubblicazione: 22 ottobre 2024
Quando incontra Giasone per la prima volta, Medea è una ragazza sola, maltrattata dal fratello, non amata dalla madre. Non viene accettata dalla sua stessa famiglia perché è diversa dalle altre giovani: possiede un potere unico e pericoloso, la stregoneria. E così, quando Giasone, eroe e capo dei famosi Argonauti, arriva per reclamare il Vello d’oro che il padre protegge ferocemente, Medea coglie l’occasione per fuggire. L’amore con Giasone è per lei un approdo: con lui non si sentirà mai più così sola e incompresa. Ma quando anche Giasone tradirà la sua fiducia, la sua ira sarà incontenibile… Per la prima volta, il grande mito di Medea raccontato dal suo punto di vista, con una penna straordinaria che illumina gli angoli più nascosti di un personaggio che da millenni non smette di affascinare.
Ah, i retelling della mitologia greca, mio amore e mio tormento! Devo dire che Medea di Rosie Hewlett è un retelling che, pur affascinandomi in alcuni aspetti, mi ha lasciato perplessa per altri.
Partiamo dagli aspetti positivi: sicuramente, uno degli elementi più riusciti è il modo in cui Medea viene posta al centro della narrazione. Non è solo una pedina che serve per raccontare le gesta di Giasone e degli Argonauti, ma una protagonista completa, con sentimenti, tormenti e scelte che la definiscono. L’autrice immagina una Medea potente, istruita da Circe stessa, con una magia donata dalla dea Ecate. Ma questa magia non le appartiene: è uno strumento, un’arma brandita prima dal padre e poi da Giasone.
La storia esplora il tema della libertà negata in un mondo dominato dagli uomini e ci mostra una Medea intrappolata, e qui cominciano i limiti: Medea appare spesso vittima di manipolazioni esterne, e questo le toglie potere e spessore.
La narrazione si sforza di redimerla, di trasformarla da “mostro” della tradizione a vittima delle circostanze, ma non lo fa bene. Ogni decisione, ogni atto terribile, viene giustificato come frutto di influenze altrui: la magia oscura, la manipolazione di Giasone, il trauma. Si arriva al risultato di una protagonista che sembra subire la storia più che viverla.
Se poi andiamo a vedere il panorama dei retelling sulle figure femminili, che cercano di ridare voce alle donne della mitologia, ci si aspetterebbe una Medea capace di rivendicare il suo lato oscuro, di compiere atti terribili per ragioni comprensibili, se non giustificabili. Invece la troviamo intrappolata in un ciclo di vittimismo che la rende meno affascinante e memorabile di quanto avrebbe potuto essere.
Parlando poi degli altri personaggi, se Giasone è il classico dongiovanni poco affidabile, chi ruba la scena è Atalanta, forte e carismatica: ha una chimica maggiore con Medea e quasi sembra che fra le due ci sia una storia d’amore mancata, un’opportunità che poteva esserci ma che è stata lasciata inesplorata.
Punto di forza dell’intero romanzo è lo stile: evocativo, con descrizioni che riescono a trasportare il lettore in un mondo mitologico vivido e suggestivo. Tutto questo però si scontra con dialoghi che spesso suonano troppo moderni, spezzando l’atmosfera.
Anche il ritmo narrativo lascia qualche dubbio. La trama scorre rapida, passando da un momento cruciale all’altro senza dare il tempo di immergersi davvero nelle emozioni dei personaggi. Alcune scelte narrative, poi, creano un effetto straniante: ad esempio, la rappresentazione dell’oltretomba come un luogo maligno e di Ade come una figura quasi demoniaca, più vicina alla cristianità che alla mitologia greca, e questo rischia di rompere l’immersione per chi conosce il contesto originale.
In definitiva Medea di Rosie Hewlett è un romanzo che affascina e frustra allo stesso tempo. Offre una nuova luce su uno dei personaggi più controversi della mitologia greca, ma non riesce a farle pienamente giustizia.