Recensione: “Nei panni di Valeria (La serie di Valeria n.1)” di Elisabet Benavent
Valeria ha ventisette anni e vive a Madrid, ha lasciato un lavoro d’ufficio per dedicarsi alla scrittura di romanzi d’amore e il suo libro d’esordio è stato un successo. Adesso è alle prese con la stesura del secondo, ma è in difficoltà. E poi è sposata con Adrián, di cui si è innamorata quando era ancora ragazzina e con il quale ha un ménage forse fin troppo adulto. In fondo non ha ancora trent’anni e soffre la mancanza delle avventure che le raccontano le sue amiche: Lola, Nerea e Carmen, ognuna la rappresentazione di una tipologia femminile, dalla più forte alla più fragile, dalla femme fatale all’imbranata. Tutte donne che sentiamo vicine, forse perché le conosciamo, o forse perché si comportano come noi. Insicure, spericolate, ingenue e sognatrici, Valeria e le sue amiche ci conducono in un divertente scenario contemporaneo, dove l’amore, il sesso e gli uomini non sono traguardi facili. Attraverso le loro confessioni più intime e seguendo il racconto di avventure proibite, arriveremo alla fine di questa sensuale commedia per scoprire che gli equilibri sentimentali dell’inizio sono stati stravolti. Perché vivere a Madrid a trent’anni e non distrarsi non è facile, perché a trent’anni la vita è una tavola imbandita dove assaggiare di tutto un po’. Le rocambolesche serate di Valeria non finiscono: ci ritroveremo nei suoi panni in un secondo, poi un terzo e ancora un quarto romanzo. Una serie che in Spagna ha conquistato un milione di lettrici e che ha lanciato Elísabet Benavent in vetta alle classifiche.
Valeria ha ventisette anni, ha lasciato un lavoro sicuro, ma non appagante, per realizzare il suo sogno: fare la scrittrice a tempo pieno. Quando ha conosciuto suo marito Adrian aveva diciannove anni, se n’è innamorata subito, così dopo tre anni l’ha sposato. Ma in questo momento della sua vita, dopo aver pubblicato il suo primo romanzo dal successo strepitoso, sente che la sua musa ispiratrice è scappata di casa, lasciandola impigliata tra le pagine di un manoscritto a cui non è capace di dare vita, presa dall’ansia dei giorni che passano e della scadenza per la consegna che si avvicina. Valeria però si accorge che non sono solo le parole che non riesce a scrivere a tenerla prigioniera, in realtà è la sua stessa vita che si è presa una pausa, una lunga pausa che dura da almeno sei mesi. Suo marito sembra assorbito da tante cose: il suo lavoro di fotografo, i progetti per il futuro, la sua giovane assistente. Ma niente di tutto ciò comprende la sua presenza e, cosa più amara, la sua opinione. Risucchiata dalle sabbie mobili della monotonia quotidiana, Valeria si trasforma nell’ombra di sé stessa, sciatta, trasandata, annoiata, comprendendo che la sua realtà è distante anni luce dall’amore romantico su cui aveva fantasticato quando aveva sposato quello che credeva l’uomo della sua vita, così come il sogno di diventare una scrittrice di romanzi di successo costa fatica e dedizione, oltre alle idee brillanti che dovrebbe avere ma che stentano ad arrivare.
Per fortuna a salvarla dall’autocommiserazione ci sono le tre amiche di sempre: Lola, Carmen e Nerea. Così diverse per aspetto fisico e personalità, ognuna con le sue peculiarità e il proprio modo speciale di vedere la vita. In una giostra di aperitivi, cene in locali alla moda, serate in discoteca e lunghe chiacchierate sul divano, le quattro amiche affronteranno i giorni, le circostanze e gli uomini che la vita offrirà loro. Tra innamoramenti, tradimenti, vendette e delusioni, il punto saldo rimane sempre e comunque il legame che le tiene strette.
La storia è carina e il tono in cui è raccontata è brioso e divertente, ma non c’è alcuna originalità o innovazione. Dopo la fortunata serie televisiva Sex and the city, di cui questa serie di romanzi si propone come variante letteraria spagnola, e aggiungerei anche Desperate Housewives, con l’unica differenza per l’età più matura delle protagoniste, ho trovato questa proposta editoriale ripetitiva e, più che offrire spunti per riflessioni sugli aspetti della vita, mi ha dato la percezione del pettegolezzo o, a tratti, degli intrecci della soap opera. Inizialmente un po’ patetico il personaggio della protagonista, che fortunatamente si riscatta arrivando quasi alla metà del racconto, donando alla narrazione uno slancio che ho trovato carente nella parte iniziale.
Concludo con una mia considerazione, che non è una polemica, bensì un’osservazione: ormai da tempo, mi stupisce come prestigiose case editrici italiane siano così risolute a comprare diritti di edizioni straniere, basandosi sulla sola logica statistica dei numeri e delle vendite, non considerando che il pubblico di lettori italiani ha caratteristiche e preferenze peculiari, mentre potrebbero attingere da risorse di autori squisitamente nazionali di notevole spessore, molti dei quali sono costretti ad auto pubblicarsi o non vengono nemmeno valutati. Certamente questo comporterebbe maggiore impegno e un più grande margine di rischio, ma non è così che si scoprono i talenti?
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