Recensione: New Amsterdam -3×10-
New Amsterdam continua a deludere la nostra WickedWolf. Di seguito la sua recensione senza spoiler e qui quella dell’episodio precedente.
New Amsterdam questa settimana ci pone uno dei quesiti più importanti della storia della televisione: agli spettatori interessano di più i temi sociali, o le relazioni personali dei personaggi?
Probabilmente darei la prima risposta, se la serie non avesse perso, nel corso del tempo, così tanto equilibrio; questa terza stagione arranca continuamente, incapace di bilanciare l’attualità e lo svago, il dramma e la superficialità.
Max è alle prese con una paziente nativa americana, che rifiuta le cure, in quanto l’ospedale porta un nome considerato offensivo per la sua cultura, il suo popolo e la sua tribù, alla quale fu sottratta la terra qualcosa come trecento anni fa dagli olandesi.
Il nostro direttore sanitario, in piena urgenza razzismo sistemico, decide quindi di convocare il Consiglio e chiedere che il New Amsterdam venga rinominato Lenapehoking, ma fortunatamente lo prendono tutti per scemo e deve ripiegare dedicando una targa alla tribù.
La donna non è soddisfatta perciò, mentre è incosciente, Max e i suoi studenti creano un programma dedicato ai giovani nativi americani per lei, rendendo il suo risveglio dall’anestesia un po’ più dolce.
Quella stronza micidiale (scusate) che doveva sostituire il dottor Kapoor, per fortuna, viene estromessa grazie a un cavillo, quindi la sofferenza di vedere la sua faccia sullo schermo è durata molto poco.
Lauren fa ciò che chiunque con due occhi e un cervello si aspettava: dopo che Leyla la bacia, si rende conto di avere un interesse per lei. Il loro inizio è un po’ incerto, ma il legame che hanno stretto in questi mesi sembra solido.
Lauren: Sono rimasta sorpresa, ok? Solo sorpresa.
Leyla: Da cosa, che mi piaci?
Lauren: No. Sono rimasta sorpresa che fosse normale. Non sono abituata. Normale. Vero.
Leyla: Pensi che questo sia reale?
Lauren: Ho pensato a te tutto il giorno e non credo che dovresti uscire da quella porta.
Ah, l’amore!
Nel frattempo Max e Helen giocano con i nostri sentimenti arrivando a tanto così dal limonare sul tetto, ma…
Helen: Max.
Max: Sì.
Helen: Quello che hai detto prima…
Max: Cosa ho detto?
Helen: Sono davvero contenta che siamo amici.
Max: Anch’io.
Mamma mia che frustrazione!
Probabilmente il mio giudizio è influenzato dall’amore che provo per Daniel Dae Kim, ma trovo disturbante come un attore del suo calibro sia sparito con tanta facilità; capisco che sia stata interrotta la sua relazione con Helen, ma Cassian Shin sarebbe dovuto rimanere come medico a prescindere dalle sue relazioni personali.
Spero sempre di vederlo ricomparire tra i corridoi col suo bel sorriso arrogante.
Per il resto, il grande peso del tema sociale anche stavolta è stato gestito un po’ male, come se fossimo in un poliziesco immersi nel crimine della settimana: non funziona così. Non si può prendere un problema di carattere nazionale, mondiale, e farci un episodio con Max che, mi duole ammetterlo, si rende ridicolo con idee strampalate, correndo per l’ospedale e chiedendo favori. Andava bene che risolvesse i problemi di contabilità, le assunzioni, perfino le coperture assicurative, ma il razzismo? Le questioni dei nativi americani?
Non basta una puntata come non basta la targa all’ingresso, e questa è una grande mancanza di responsabilità.
Roma non è stata costruita in un giorno.
Qui potete trovare il promo del prossimo episodio.