Recensione: “PENDRAGON” di James Wilde (Dark Age #1)
La nascita di un’epica avventura.
367 d.C. Nelle foreste inviolate, oltre il Vallo di Adriano, alcuni esploratori romani sono stati assassinati. Lucanus, un esperto guerriero conosciuto come il Lupo, sa che dietro quelle morti si cela un’oscura minaccia. Le leggende, infatti, raccontano di demoni e fate che abitano con i loro antichi dèi gli angoli più remoti dei boschi inesplorati dall’uomo. Gli stessi che Lucanus dovrà sfidare da solo, inoltrandosi in un territorio che anche l’esercito romano teme. I suoi passi lo porteranno nel cuore di una guerra nascosta, le cui fazioni si muovono nell’ombra. È l’inizio di un’epica avventura: dalla cabala che incombe sulla città di Roma al misterioso monumento pagano di Stonehenge, fino ai regni superstiti dei guerrieri gallici. Un soldato, un ladro, un tagliagole, una cortigiana, un druido e persino l’imperatore Valentiniano: tutti loro avranno un ruolo nella nascita del Casato Pendragon e le loro azioni avranno un’eco destinata a risuonare nei secoli.
Ogni leggenda ha un inizio…
Pendragon… un nome a cui molti di noi lettori assocerebbero Re Artù, Ginevra e Lancillotto, i Cavalieri della Tavola Rotonda e la leggendaria Excalibur!
James Wilde, invece, non ci racconta le storie del ciclo arturiano, ma ci conduce nel mondo da cui tutto ebbe inizio.
Metà del quarto secolo d.c..
I soldati del forte di Vercovicium, lungo il vallo di Adriano in Britannia, sono preoccupati per gli attacchi da parte delle tribù germaniche. Lucanus, leader di un gruppo di cinque esploratori, i Lupi Feroci, deputati al pattugliamento nelle terre selvagge del nord presidiate dai barbari, s’imbatte nei corpi dei Corvi, un’altra banda degli esploratori arcani, morti misteriosamente e in modo brutale.
“C’erano tre corpi appesi sugli alberi, i polsi e le caviglie legati ai rami, fatti a pezzi come bestiame da mettere in pentola. Lucanus fece scorrere lo sguardo tra i resti scomposti, gambe che pendevano da un lembo di pelle, braccia sparse qua e là, arti recisi lanciati tra gli alberi”.
Quando il figlio della donna che ama scompare, probabilmente catturato dai barbari, Lucanus decide di andare a cercarlo, anche se rischia di diventare un prigioniero.
Da qui avrà inizio la sua nuova missione: proteggere Marcus, il ragazzo rapito.
Cos’avrà di tanto speciale questo bambino?
Ammetto che la prima cosa che ho notato del libro, anche se non ci si deve fermare alle apparenze – perché come si suole dire “un libro non si giudica dalla copertina”- è stata la cover. Subito dopo ho letto la trama e immaginavo castelli medievali, cavalieri e tutto ciò che è legato all’epoca arturiana.
Sinceramente, dopo le prime cento pagine, il mio entusiasmo si era già spento; la lettura mi risultava difficile, poco fluida e un tantino noiosa – leggendolo sotto le coperte ho rischiato l’abbiocco più volte!
James Wilde non mi ha coinvolto da subito e stavo per perdere le speranze, fino a che la storia inizia a ingranare e la scintilla, ormai del tutto esaurita, si riaccende. L’interesse per le vicende di Lucanus e i Lupi Feroci si è destato dal sonno profondo e ho potuto godere a pieno di questa storia dal sapore medievale.
Lucanus, il protagonista, è un uomo coraggioso che sente il bisogno di proteggere i più deboli e ha un forte senso dell’onore: proprio come un Cavaliere della Tavola Rotonda.
Conosceremo dei Druidi, uno dei quali avrà il compito di guidare Lucanus, impresa non facile perché il nostro protagonista è diffidente, poco propenso a credere alle parole del druido Myrridin.
Contemporaneamente alla storia di Lucanus in Britannia, l’autore ci porta a Roma dove gli intrighi politici sono all’ordine del giorno e diversi tipi di religione, come il culto di Mitra e il cristianesimo, si stanno diffondendo.
Concludendo, questo è uno di quei libri che non riescono a farti dire né sì né no.
Abolendo i primi capitoli, è sicuramente una storia che consiglio a tutti gli appassionati del genere e a chi ha voglia di scoprire la leggenda prima della leggenda.
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