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Recensione :La bambina sotto il tavolo di Monika Diana Sears e Paul Sears

Titolo: La bambina sotto il tavolo

Autore:Monika Sears

Editore:Compagnia editoriale Aliberti

Data di pubblicazione: il 24 Gennaio 2024

Target : + 14

«Fui mandata di nascosto nella stanza di zia Krysia. Mi spiegarono che c’era un mostro nell’appartamento, un vero tedesco, che mangiava le bambine. Zia Krysia coprì il tavolo con un drappo, e io me ne stavo di sotto nel totale silenzio e non mi muovevo, quando lei andava a lavorare». La storia di Monika, ebrea polacca, bambina al tempo della Seconda guerra mondiale, sopravvissuta alla tragedia dell’Olocausto. Una comunità di donne coraggiose, madri, zie, figlie, si muove sullo sfondo di questo lungo racconto, e costituisce il coro al quale la piccola Monika fa riferimento. La privazione dell’infanzia, il bisogno di crescere in fretta e il costante richiamo al silenzio sono l’eredità devastante di questa esperienza, che trapassa di generazione in generazione. Monika dedica ai suoi nipoti la sua memoria, perché niente vada perduto, e perché possano essere i primi della sua famiglia a sentirsi completamente liberi, sereni e fiduciosi.

Colgo l’occasione di questa ricorrenza per parlarvi della recente pregiata ristampa de La bambina sotto il tavolo, un libretto snello che l’ormai quasi ottantacinquenne Monika aveva inizialmente destinato, in forma di lettera privata, al suo primo nipote Edoardo.

A distanza di diciassette anni dalla prima edizione molte cose sono variate: la protagonista ha toccato con mano la preziosa ricchezza della testimonianza e insieme alla sua famiglia, ci offre uno spaccato sconvolgente della sua primissa infanzia in Polonia durante l’invasione nazista.

Nel suo fluido raccontare Monika ci offre il punto di vista di una bimbetta che rimasta solo con la madre Krisja e la nonna,  messa nelle condizioni di dover vivere in fuga a nascosta per sfuggire a sorti ben conosciute.

…ci misi molto tempo a capacitarmi del perché gli adulti si arrabbiassero sempre con me per questioni che non
reputavo importanti…

È una storia al femminile dove la protagonista ebrea che non si può far passare per ariana a causa di occhi e capelli scuri. Apprende sin da piccola come compiacere la madre e la sua ex tata Pola e come tenere un profilo basso.

Impara a volgere lo sguardo basso e a non attirare l’attenzione perché, nonostante piccolissima, ha capito che il mostro là fuori colpisce e incenerisce le sue vittime, i suoi oppositori spariscono e il mondo esterno sembra inerte.

La storia di Monika si snoda come un’avventura, anche nei momenti più tragici il suo sguardo di bambina filtra le situazioni più brutte. Ben presto diventa capace di mentire senza farsi accorgere e assisteremo a momenti familiari drammatici che esulano dalla guerra in sé ma raccontano di come la lotta per la sopravvivenza abbia segnato i sopravvissuti.

L’autrice dichiara che per lungo tempo fuggì dall’etichetta di “sopravvissuta all’olocausto” e con il tempo si accorse che quel marchio pesava come un masso anche sulla testa dei suoi figli.

…certe cose lasciano segni profondi su chi li ha vissuti, com’è ovvio, e, dall’altra parte, come sapevano bene
gli antichi greci, il destino dei padri ricade comunque sui figli…

Tanti infatti non hanno retto nel corso della vita ai ricordi e hanno preferito togliersi la vita piuttosto che continuare a soffrire.

Nella storia di Monika troverete tanta fresca spontaneità della bimba che fu e questo mi ha letteralmente soggiogata seppur nella tragedia perché di ogni sofferenza ha fatto uno scalino verso la libertà.

Leggete questo libro e fatelo leggere ai vostri ragazzi, è straordinario.

…il tavolo sotto al quale sopravvive la bambina ebrea travolta dalla Shoah pare appartenere tutto a coloro che l’hanno soccorsa e nascosta. Ma non è così. Il tavolo è diventato al tempo stesso la sua tenda di nomade – e il suo palazzo di principessa. Che cosa sia il tavolo è la sua materia di interpretazione; e non gliela può negare ma
neppure regalare nessun altro – a meno che non stia, assieme a lei, là sotto. Parrebbe quasi una metafora di tutto
il popolo ebraico il quale, per lunghi secoli, è stato felice quando poteva trovare, almeno temporaneamente, una
sua nicchia, tutta sua, quello spazio circondato da quattro mura entro le quali era stato relegato. E forse la storia
è anche questo…

 

 

 

 

 

 

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