Recensione: Possession: Il confine tra l’amore e l’appartenenza di Penelope White
Titolo:Possession
Autore:Penelope White
Editore:Self
Genere:Romanzo erotico
Data di pubblicazione:21 ottobre 2021
“Io gli appartenevo, qualsiasi cosa pensassi o facessi, ero molto più di una piccola marionetta nelle sue grandi mani: io ero Sua!”
Anna è una giovane mamma di trent’anni che si divide tra il lavoro e il suo piccolo Mattia, frutto di una notte con il migliore amico Massimiliano, che le è sempre rimasto accanto.
La sua vita è una rassicurante routine, una confort zone in cui si rifugia da anni.
Ma poi tutto cambia dopo l’incontro con Alessandro, un uomo maturo che le farà scoprire un mondo nuovo, un universo parallelo fatto di dominazione, perversione e possesso.
Al di là della sua comprensione, Anna si scopre affascinata da tutto questo, mentre tra i due nasce un’attrazione tanto forte, quanto impossibile da spiegare, da definire.
Un legame che porterà entrambi a guardarsi nel profondo, sin dentro l’anima…
Possiamo davvero definire a parole ciò che unisce due persone?
Esiste veramente una netta demarcazione quando si parla di sentimenti?
“Potresti anche concederti a chiunque… nessuno sarebbe mai me. E non si tratta di modestia, non dico che sono speciale in generale, ma che lo sono per te, e non mi sto vantando. Credo solo che, per quello che già c’è stato, nessuno potrebbe incidere tanto quanto me, quindi non si tratta di presunzione. Sarei geloso di un altro fino a un certo punto, perché nessuno avrà da te quello che ho avuto io”.
“Prometto che potrai andare via quando vorrai”, sorride. “Di solito la gente non può andare via quando vuole, in tua compagnia?”, domando mentre sento la tensione allentarsi e uno strano calore propagarsi dal punto della mano che ha appena toccato. “Solitamente le belle ragazze mi chiedono il permesso”.
Lo stile di Penelope White ha una sua connotazione tutta particolare: molto fresco, quasi colloquiale, diventa preciso e caldo nei momenti più erotici. Ha una buona introspezione emotiva e quando si entra nel vivo delle pratiche di dominazione è lì che emerge la grande capacità di descrivere le scene e di entrare nella psiche di chi agisce i due ruoli.
Intrigante come viene descritta la percezione di chi, approcciandosi per la prima volta, prova l’effetto della sottomissione: sembra proprio di viverla, è resa molto bene sia nelle fasi preparatorie che nel momento in cui accade, con un comando dato quasi per errore. Ho amato il modo in cui è stata espressa la complessa massa di emozioni contrastanti di Anna, l’ambivalenza iniziale tra i dubbi e le paure da un lato e l’eccitazione, il sollievo dall’altro.
In merito alla struttura, trovo che forse il romanzo si sia un po’ dilungato nelle premesse, mentre avrei gustato un finale più lungo e passionale.
Soprattutto, più di tutto il resto, vorrei tanto non avergli mai dato il permesso di invadermi la mente. Perché il corpo è qualcosa di secondario, qualcosa che si può utilizzare per il piacere effimero che dura un orgasmo, ma Dio solo sa quanto la mente sia ingorda e continui a cibarsi di qualcosa in maniera molto più avida e bramosa rispetto al fisico.
Soddisfare la carne richiede poco tempo… ma per soddisfare una mente ce ne vuole molto di più e una volta che ha assaggiato il frutto del piacere, lei non si ferma, aprendosi ancora, esigendo nuovi stimoli.
Il protagonista maschile è Sandro, un dominatore che predilige giocare, più che con il corpo, con la mente della sua slave sollecitando il suo senso di appartenenza, dandole piacere nel permetterle di compiacere il suo Master acconsentendo ad accontentarlo in qualsiasi desiderio lui manifesti.
Sandro nota Anna in un negozio, è intrigato da questa brat irriverente e del tutto inesperta, che non ha mai sperimentato l’esperienza di essere posseduta. D’altro canto, pure lui, in un certo senso, è neofita, non avendo mai dovuto insegnare le basi di questo tipo di legami. Questo sbilancia appena le sue sicurezze, poiché lo porta a essere più accondiscendente e a provare reazioni inaspettate, a essere stuzzicato da atteggiamenti che in altre slave lo indisporrebbero.
Entrambi quindi devono fare i conti, per motivi diversi, con emozioni e sentimenti nuovi.
“Non era ciò che cercavo”. “E ora cosa cerchi?” I nostri sguardi ancora incrociati. Per qualche attimo resta zitto, non dice nulla. Mi fissa e basta. Poi riprende a parlare. “Io non lo so, Anna. Sto solo cercando di capirlo mentre spiego a te questo mondo. E fidati se ti dico che brancolare nel buio non è piacevole per uno come me. Io ti voglio come mia sottomessa, è vero, non lo nego, ma sto tentando di far quadrare il tutto con il rispetto che ho per te e per la bella persona che sei. Non che non sia stato rispettoso con le altre prima, ma loro sapevano, erano pronte, erano coscienti di ciò che un rapporto del genere comportava, tu non lo sei neppure lontanamente. E ferire o fare del male diventa doppiamente facile con te”.
Anna è un personaggio adorabile. Ho amato la sua spontaneità e la sua forza, la curiosità e il coraggio di buttarsi… timidamente.
Ci immedesimiamo totalmente in quello che prova: è chiaramente intrigante il nuovo tipo di relazione insolita che le viene proposta, e sperimentiamo come fossero sulla nostra pelle le nuove forme di eccitazione che si provano con queste pratiche particolari che possono risultare umilianti e imbarazzanti ma anche eccitanti e capaci di svuotare la mente.
Ci si arriva gradualmente, Anna non diventa una slave da un giorno all’altro e quindi è un processo faticoso di lettura dei propri conflitti interiori che passa dallo stordimento iniziale allo stupore, dalla curiosità all’ambivalenza, e che poi si avvia verso l’accettazione di quella parte di sé che non è giusto giudicare.
Ci sono momenti forti, la difficoltà nel mettere da parte giudizi morali (il momento in cui Sandro le mostra un contratto in cui c’è scritto che la slave può anche essere ceduta o prestata ad altre persone per il solo fatto che la cosa compiace il padrone è molto forte), però ho trovato coerente l’atteggiamento di Anna, che fa prevalere la curiosità e l’onestà con se stessa.
“Forse tutto questo non fa per me” rifletto ad alta voce. “Non è qui che vorresti essere? Nuda, sulle mie gambe, a fare ciò che ti chiedo?” “Non è questo il punto”. “Invece è esattamente questo il punto, Anna. Non ce n’è un altro. O vuoi stare qui con me oppure no. Non è così complicato. È solo la tua testa a renderlo tale. Quindi smettila di pensare”.
Anna si rende conto di trovarsi a suo agio in quella posizione, in quella sottomissione, desidera fare quell’esperienza. Arriviamo a pensare che l’unica cosa che davvero conta sia il consenso, il fatto che entrambi vogliano praticare quel gioco.
Allo stesso tempo è anche meraviglioso accorgersi che sta crescendo anche qualcos’altro, che quella confusione di emozioni che i protagonisti provano, per motivi diversi, va a comprendere anche una scintilla che non dovrebbe esserci, insieme all’attrazione e al piacere per il possesso/appartenenza: un attaccamento di tipo emotivo che Sandro è abituato a non provare. Perché, come l’amico di Sandro spiega bene, amare una slave comporta l’impossibilità di portare all’estremo le pratiche di umiliazione o di sottomissione.
“Mentivo prima”, afferma di punto in bianco. “Quando?” Si sporge di più. Il calore del suo respiro che colpisce il mio viso. “Quando in negozio ti ho detto che col timore reverenziale dipinto sul volto mi fai impazzire. La spontaneità è ciò che ti rende perfetta ai miei occhi”.
Anna ancora confonde ciò che dovrebbe o non dovrebbe provare in questo tipo di legami, ma è consapevole che certi sentimenti non nascano per chiunque, in una relazione normale come in una BDSM.
A questo punto la fatica che Anna fa nel districare tutte le emozioni che prova si appesantisce anche del dubbio se questo tipo di legame le basti. Nel momento in cui capisce che vuole accettare tutto ciò perché le piace, si chiede se è sicura che le sia sufficiente. Perché fermarsi a un legame di sottomissione significherebbe perdere tanto altro che lei desidera ardentemente. E non può rispondere da sola a questa domanda, poiché naturalmente cambiare la natura del loro legame implica la possibilità che Sandro la rifiuti.
Quindi si arriva alla domanda cruciale: quali sono i confini di un rapporto di sottomissione e quanto possono essere flessibili nella direzione di sentimenti più profondi? Apparentemente le due cose sono incompatibili, perché un conto è compiacere, altro è amare.
“Puoi scrivermi quando vuoi, lo sai”. La sua voce alle mie spalle.
“Non mi servono le tue briciole, Sandro. Ne ho prese sin troppe”. Una breve pausa e altre parole premono per uscire. “E io spero tanto che nessuno ti faccia mai tanto male quanto tu ne hai fatto a me”.
Essendo Anna totalmente neofita delle pratiche, lo spazio che un romanzo può mettere a disposizione non è sufficiente ad approfondire pienamente il significato di appartenenza e le sfumature che ciò comporta sulla mente di slave e dom. Il rapporto tra Anna e Sandro è da subito particolare. Inizialmente non è chiaro a nessuno dei due, per motivi diversi, la natura di questa anomalia che emerge nella forza dell’attrazione, nelle sfumature delle concessioni o delle indulgenze rispetto ai comportamenti fuori dagli schemi. Tutti segnali che andavano a distorcere i confini di solito molto netti nel delimitare i ruoli degli attori che agiscono il gioco di dominazione.
Questi conflitti interiori che entrambi i protagonisti dovranno chiarire dentro loro stessi (per motivi diversi e arrivando a soluzioni diverse), sono risolti comunque nell’unico modo possibile: l’amore non è qualcosa che si può scegliere, e le etichette, di qualsiasi natura esse siano, non possono mai calzare a tutti nella stessa forma.
Perché quello che sentivo quando l’ho fatto, e che sento anche ora, era più profondo e devastante dell’amore; di quel forte sentimento per cui molta gente soffre ogni giorno. Era un legame potente quanto pericoloso. L’amavo? Questo non lo sapevo, ma se c’era una cosa su cui non avevo dubbi era che, nonostante tutto il resto, io gli appartenevo.