Recensione: “Il ragazzo ombra” di Laura Costantini (Serie Diario Vittoriano vol. 1)
Robert Stuart Moncliff è un romanziere e un ritrattista affermato. Nell’autunno del 1901 chiuso nel castello di famiglia, su una scogliera scozzese, rilegge il diario degli ultimi vent’anni.
Un’assenza pesa su di lui: la persona più importante della sua vita. Un tredicenne dagli incredibili occhi d’oro apparso come un’ombra, sotto la luna piena nell’aprile del 1881.
Nella lettura Robert rivive la gioia passata, unica cura per superare il giudizio della società vittoriana che ora lo condanna.
Il ragazzo ombra è il primo episodio della serie Diario vittoriano.
È una recensione difficile quella che mi accingo a fare. Ho scelto di leggere questo libro perché ho avuto modo di apprezzare l’autrice già in diverse opere, invece l’ho trovata una lettura faticosa.
Il linguaggio è molto forbito, cosa che potrebbe essere poco coerente con un protagonista tredicenne. Ma più che altro è stata la frammentarietà del racconto a rendere la lettura poco scorrevole. I punti di vista, evidenziati con caratteri diversi (che nel mio kindle si sono trasformati in un font grande, uno normale e uno in corsivo) sono tre: un diario scritto da Robert tredicenne, in prima persona presente; un racconto in terza persona ambientato nello stesso periodo, il 1881; un racconto in terza persona ambientato nel 1901. Tre punti di vista differenti, mescolati a distanza di pochi paragrafi e incentrati sullo stesso personaggio, mi sono sembrati troppi; come a voler cogliere solo i pregi di ogni stile, lasciando il problema di ricomporre l’unitarietà in capo al lettore.
La storia diventa scorrevole solo nella seconda parte, dove i cambi di punti di vista e le anticipazioni del Robert adulto si riducono notevolmente.
La trama tratta temi importanti, parla di un ragazzino, Kiran, che ha passato tutta la vita nelle mani di un pedofilo, e a causa di questa devianza con cui è entrato in contatto, nonché per la sua naturale avvenenza, viene osteggiato e temuto non solo dalla società nobiliare cui appartiene per diritto, ma dallo stesso uomo che l’ha salvato, ovvero il padre di Robert.
«Sono sopravvissuto, nonna. Senza il vostro denaro, senza il vostro titolo e senza il vostro permesso.»
Robert è un coetaneo di Kiran, un ragazzino solo e orfano di madre, e i due instaurano presto un legame più forte di quelli di sangue, più forte delle opposizioni paterne, più del timore della morte.
Nonostante di carne al fuoco ce ne sia a volontà, in realtà l’ho trovato piuttosto lento (sicuramente ha influito la difficoltà nella lettura della prima parte), molto focalizzato a ribadire i pensieri intimisti di Robert, e concentrato sulla caparbietà del padre nel perseverare a prendere decisioni sbagliate.
Il tema della pedofilia è un tema forte affrontato in modo meno scabroso possibile (che è riuscito comunque a toccarmi molto). Tra le varie cose emerge con prepotenza l’iniquità del fatto che, a subire lo scherno per ciò che è successo, siano le vittime anziché i carnefici.
Non credo di fare spoiler dicendo che questo libro non è un romance (ma si tratta di un primo volume di una saga, per cui non so se cambierà in seguito). E forse questo è uno degli aspetti che ho trovato meglio riusciti in assoluto: il modo in cui l’autrice ha mostrato la nascita e la forza di un amore casto, pulito, fraterno, indissolubile, di quelli che solo gli adolescenti riescono a instaurare con persone a loro affini, con le quali condividono emozioni, esperienze forti, attrazione e rispetto.
Occhi adulti su un volto imberbe e androgino, bellissimo nella cornice opulenta della chioma. Nessuna fotografia avrebbe potuto coglierlo come aveva saputo fare lo sguardo incantato di adolescente troppo solo. Ma non c’era assoluzione per quel sentimento senza nome.
I personaggi secondari sono figure molto positive, empatiche, che potrei definire attuali, per i loro atteggiamenti anticonformisti rispetto alla mentalità dell’epoca, quasi prive di difetti. Si contrappongono in modo netto ai protagonisti, che sono altrettanto ben caratterizzati ma sfaccettati in pregi e difetti molto spigolosi.
Analogamente alla caratterizzazione dei personaggi, anche le ambientazioni storiche e geografiche (India, Scozia e Inghilterra vittoriana) sono all’altezza della professionalità ed esperienza dell’autrice, e quindi coinvolgenti e rese vive nei colori e negli odori, oltre che nelle usanze, nell’abbigliamento e nel linguaggio.
Concludendo, mi spiace non essere entrata in sintonia con lo stile sperimentale; probabilmente il fatto che il libro non sia autoconclusivo e non abbia chiuso il cerchio su una serie di anticipazioni lasciate dal Robert del 1901 ha fatto il resto, rendendo la vicenda inutilmente avvolta su se stessa, ai miei occhi.
Non so quale scherzo del destino ci abbia voluti così affini anche nelle avversità. (…) Ci siamo sentiti ladri. Consapevoli che la refurtiva prima o poi va restituita. E tocca al più colpevole. Anzi, al solo responsabile. Non avresti mai dovuto incontrarmi.
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