Recensione: Real Girl: La resa dei conti – Serie: Aston Creek High Vol. 4 di Sheridan Anne
Titolo: Real Girl: La resa dei conti
Serie: Aston Creek High Vol. 4
Autore: Sheridan Anne
Genere: Bully romance
Target: +16
Editore: Heartbeat Edizioni
Data di pubblicazione: 23 novembre 2022
- Ugly Girl: Che il gioco abbia inizio
- Lost Girl: La guerra continua
- Wild Girl: L’inizio della fine
- Real Girl: La resa dei conti
Lucien Valentine deve morire.
È l’unico pensiero che mi ha fatta andare avanti per quattro lunghi anni. Ho immaginato la sua morte, l’ho sognata, ho pregustato quel momento. La desidero così tanto, ma la domanda è: ho quello che
serve per far in modo che succeda?
Togliere una vita non è per i deboli di cuore. Chiedete a Lucien, lui lo sa.
Mi ha riportata dove tutto è iniziato e so esattamente come andrà. Mi farà del male e poi mi costringerà a sposare il suo socio d’affari milionario, Marcus Mahony, che ha ancora meno princìpi morali di lui.
Non posso permettere che succeda.
Devo scappare da qui, anche se significa scoprire davvero di che pasta sono fatta, anche se significa lasciarmi alle spalle una parte di me.
Pensavo che gli ultimi sei mesi fossero stati folli, ma a quanto pare avevo appena raschiato la superficie. Una cosa è certa, non sarò mai più la stessa.
Benvenuti all’inferno.
«Non può tornare laggiù» sussurra con una voce piena di sofferenza. «Se non riesce prima a farla sposare, la ucciderà»
In questo quarto e ultimo episodio della serie tante cose che già scricchiolavano continuano a rimanere mal assemblate, anche se qualche risposta inizia a essere svelata. Abbiamo concesso molti crediti alla serie, quando abbiamo dovuto credere che in diversi mesi Lucien non abbia mai voluto andarsi a riprendere i ragazzi che pretendeva di possedere, che si sia avvalso di ragazzini loro coetanei per convincerli a tornare dal loro aguzzino e fidandosi della loro capacità di intimidire Sky e il fratello affinché rinunciassero alla fuga. Abbiamo anche concesso credito alla zia che ha pensato di proteggerli da un rapitore e abusatore solo con le buone intenzioni, e soprattutto a Skyler e Blake, che hanno pensato di fuggire da un uomo potente e intrallazzato dirigendosi dall’unica parente in vita (come non immaginare di essere rintracciabili?) e continuando a frequentare luoghi aperti e pericolosi, divertirsi e ubriacarsi.
La storia stiracchia in modo plateale la sospensione dell’incredulità al pensiero che nonostante la sua influenza, i suoi soldi e la sua abilità nelle arti violente, Lucien fatichi così tanto a rapire o uccidere i due ragazzi, attendendo fino all’ultimo secondo per ottenere ciò che vuole, lasciando loro tutto il tempo per darsi alla macchia e nascondersi (opzione a cui loro non pensano neppure).
Non sono mai stata così. C’è stato un tempo in cui ero una brava ragazza, piena di innocenza e amore. Mi sembra una vita fa. Di sicuro non è la donna che sono adesso. Sono spietata, diffidente e fredda, e gli unici momenti in cui mi sento di nuovo la ragazza che ero un tempo sono quelli che passo con Slade, cercando di ricordarmi che sono meglio di tutto questo.
E poi ancora i dubbi sulla caratterizzazione: Sky viene riportata a casa, e Lucien e Maria si stupiscono del fatto che lei non abbia più l’atteggiamento angelico di prima che scappasse, non è più la ragazza che aveva subito abusi in silenzio perché plagiata da un’educazione in cui questo era normale, la vittima impaurita: adesso è la bulla che conosciamo, la ragazza tosta, che risponde arrogante, e continuiamo a chiederci: come è avvenuto questo cambiamento di carattere così radicale? Saranno passati appena pochi mesi; come può una vittima passiva, remissiva e impaurita diventare improvvisamente una bulla tutta d’acciaio?
Sembrano due personaggi diversi e, se nei libri precedenti c’era solo il sentore di una incongruenza, in questo volume emerge chiaramente qualcosa che non quadra.
«Dobbiamo lasciarla sposare un riccone di merda e dimenticarci di lei?» Che cazzo di problemi ha? Lo sa con chi sta parlando? «Col cazzo, mai. Non sposerà quello stronzo. La riporterò a casa, solo che non lo farò oggi. Dobbiamo giocarcela bene. Ci serve un piano o… Merda, non lo so. Dobbiamo pensare a qualcosa, ma correre qui come ho fatto io non serve a niente. Non ci penserà due volte a ucciderla». «Avrei potuto dirtelo io. Oh, aspetta… Te l’avevo detto, cazzo».
Passiamo all’azione. Nel capitolo finale assistiamo alla resa dei conti, Skyler finisce tra le grinfie dei rapitori che le hanno fatto da genitori e sembra dover percorrere quel destino che avevano minacciato per lei: sposarsi con un magnate mafioso.
A quel punto tutti i suoi affetti (fratello, fidanzato, zia) lottano per riprendersela e… ho avuto la netta sensazione di vedere Peppa Pig in un film di Van Damme: senza pianificazione, senza armi, senza strategia. Impreparati e privi di mezzi, si presentano per reclamarla solamente vantando le loro buone ragioni, con tentativi improvvisati e quasi surreali.
Provo ad aprire la porta dalla maniglia e, quando mi accorgo che è chiusa, sbatto il pugno contro la parete di legno. «Apri questa cazzo di porta!» gli ordino, immaginando che lo stronzo mi stia aspettando dall’altro lato, ma quando non succede niente sbatto il pugno ancora una volta. «Cazzo, ridammi la mia ragazza e ce ne andremo senza fare storie».
La mancanza di visione strategia e l’agire senza riflettere accomuna sia i ragazzi che gli adulti coinvolti (da entrambe le fazioni, onestamente), ma è in particolare nell’eroina, che dovrebbe testimoniare la forza e le capacità di una guerriera, che si notano maggiormente le carenze. In parte possiamo attribuirle a una buona caratterizzazione tarata su un’adolescente ancora immatura, dall’altra sono incoerenze e azioni impulsive (ad esempio fuggire senza scarpe per poi tagliarsi) che ci fanno sbuffare.
Quanto lo amo. Me lo sarei dovuto aspettare. Avrei dovuto rubare un cellulare o farlo contattare da qualcuno per dirgli di non venire qui. E invece sono rimasta a piangermi addosso nella stanza di Blake tutto il pomeriggio. Come diavolo si fa a essere così stupidi?
Il difetto del caratterizzare i personaggi nella pienezza dei loro limiti porta inevitabilmente a vicende prive delle esplosioni coraggiose a cui i film d’azione ci hanno abituati.
Una storia quindi senza colpi di scena, con un continuo accontentarsi di soluzioni non radicali.