Serie: Blackwood Institute vol. 3
Autrice: J. Rose
Genere: Dark romance reverse harem
Editore: Virgibooks
Data di pubblicazione: 30 giugno 2023
La serie Blackwood Institute è composta da:
- Deviati da redimere Vol. 1—->Recensione
- Peccatori da sacrificare Vol. 2
- Santi da profanare Vol. 3
FUGGITE DAL BLACKWOOD INSTITUTE.
LA VERITÀ VI RENDERÀ LIBERI.
Peccatrice. Santa. Sperduta. Ritrovata.
Non è mai stata mia intenzione lasciare viva il Blackwood Institute. Invece, ho trovato una nuova famiglia. Una ragione di vita. Una speranza. Un senso di appartenenza. L’accettazione. L’amore.
Siamo scampati alla morte per un soffio.
Ora inizia la vera lotta per la sopravvivenza.
In un mondo di false alleanze, corruzione e violenza, la Incendia Corporation vuole ridurci al silenzio. Siamo sopravvissuti alla malattia nel cuore della loro perversa meraviglia della medicina. La nostra verità è l’unica cosa che ci resta, ma il mondo non vuole starla a sentire.
Siamo solo sei criminali squilibrati e in fuga.
Quando la tragedia colpisce il nucleo della nostra famiglia, dobbiamo stringere nuove alleanze e sfidare la crudeltà di un mondo indifferente. I nemici si stanno radunando per assistere alla nostra distruzione, ma la minaccia più grande proviene ancora dall’interno.
C’è un mostro malvagio sepolto dentro di me, che sta lottando per assumere il controllo. Il paziente Otto mi ha tenuta in vita nell’oscurità, ma Brooklyn West vuole un futuro. E sono due aspetti che non possono coesistere senza implodere. Plasmare un nuovo percorso mi costerà tutto, incluse le persone che amo.
Nella morte e nel sangue, troveremo il nostro lieto fine.
Il gioco è quasi finito.
Scacco matto, figli di pu***na.
“Santi da profanare” è il capitolo finale della trilogia Reverse Harem Contemporary Dark Romance “Blackwood Institute,” ambientata in un istituto sperimentale psichiatrico. Leggete le avvertenze a inizio libro prima di addentrarvi nella storia di Brooklyn, Phoenix, Eli, Hudson e Kade. I volumi vanno letti nel seguente ordine di uscita: “Deviati da redimere,” “Peccatori da sacrificare” e “Santi da profanare.”
Come si fa a regredire dallo status di mostro, dopo aver toccato il fondo e distrutto tutti i muri che ingabbiavano il nostro lato oscuro? Come è possibile tornare alla normalità? Attraverso quali passi si supera il disturbo da stress post traumatico? E quelle persone che prima ci completavano, come possono incastrarsi di nuovo dopo che siamo stati disgregati, frantumati, riassemblati in modo diverso? Da dove partire per tracciare di nuovo questi legami, trovare il modo di combaciare gli uni con gli altri, se non siamo più la stessa persona?
Il terzo episodio, in un’ambientazione completamente diversa che si fa sempre più thriller, esplora tutte queste difficoltà nel riabilitare il paziente Otto (Brooklyn), ormai inscindibile dal paziente Sette (molto più distrutto di lei, dopo essere stato disumanizzato per sei anni), in un percorso a ritroso per ritrovare la propria umanità dentro se stessa, accettarla e ancorarla in qualche modo al sostegno degli altri quattro ragazzi.
Lo capisco, meglio di chiunque altro. Esistere non è la stessa cosa che vivere. Siamo sopravvissuti senza l’altro, ma abbiamo perso tutto quello che avevamo nell’abisso che ci ha tenuti divisi. Non è stata la morte a separarci. È stata la vita. “La ragazza che amavi non c’è più, Eli. Non ne è uscita viva.”
In questo episodio finale si respira la fatica di un tentativo di libertà, di ritorno alla normalità, pur essendo i protagonisti tutto fuorché normali, o mai stati tali a causa delle loro patologie cliniche. I ragazzi si sentono inadatti a un ambiente esterno, dopo essere stati per tanti anni in un laboratorio psichiatrico. Allo stesso tempo vogliono perseguire la missione di smantellare istituti analoghi al Blackwood, che fanno del male ai giovani malati. Si appropriano di una battaglia pericolosa, dolorosa e che potrebbe non valere la pena, tale perfino da poter costare loro l’integrità fisica o psicologica, come Sette e Otto testimoniano.
“Ti vergogni di me?” “No, certo che no.” “Credi che non spezzerò il collo ai tuoi uomini se è quello che occorre per averti? Li ammazzerò, Otto. Uno per uno. Potrai guardare mentre soffoco i loro corpi spezzati a morte. Allora mi desidererai ancora?” Prima che Sette possa reagire, gli sferro un pugno in faccia. […] Mi ignora e scompare di nuovo sotto il telone di plastica. Rimango da sola, a guardare il posto macchiato di sangue dov’era sdraiato, chiedendomi come cazzo farò a convincere quattro uomini che riescono a malapena a condividere ad aggiungerne un quinto. O quello, o Sette li ucciderà. Blackwood era più semplice di questo, cazzo.
La storia prevede un tasso di violenza altissimo, quindi siate preparati.
Il ritmo è così ben sostenuto da un mix di adrenalina, suspense e dolore che perfino le scene erotiche sembrano distogliere l’attenzione dalla corsa impazzita così accattivante. Ammetto che più volte le ho trovate, per quanto coinvolgenti e passionali, infilate in momenti sbagliati in cui non erano esattamente necessarie. Il sesso è usato come mezzo di comunicazione per creare un legame al posto delle parole, a seconda delle varie personalità, oppure è innescato in modo anomalo da elementi che solo una mente disturbata può capire.
Non posso lasciar andare tutto il mio dolore finché non verrà deposto un ultimo cadavere. La bambina bionda che dondolava tra i suoi genitori non aveva idea di cosa le sarebbe toccato in sorte. È morta anche lei. “Tante persone ti hanno fatto del male,” ammetto, osservando la piccola me. “Nessuno ci ha tenute al sicuro. Ho passato così tanti anni a cercare di uccidermi che ho dimenticato di vivere. Forse non sarò più la stessa persona di una volta, ma ora prometto di vivere per entrambe.”
Anche se la storia è spesso incentrata sulla ragazza, è stato piacevole trovare un finale per ogni protagonista, cosa che ha dato risalto e spessore a ogni membro dell’harem. Ammetto che, della platea di ragazzi, alcuni mi sono entrati più sottopelle di altri, vuoi perché caratterialmente più problematici, vuoi perché più convincenti nella caratterizzazione o forse solo per il tipo di legame che hanno instaurato con Brooklyn. Penso sia normale quando i protagonisti sono più di due.
Ho apprezzato molto anche che la storia sia finita su binari non prevedibili e che sia quindi riuscita a stupirmi nel progredire. Non dobbiamo aspettarci un arco di crescita che porta alla piena redenzione, al riequilibrio di menti che sono state manipolate da psichiatri abili nello sfruttare le incrinature della psiche. Ho apprezzato questa dose di credibilità.
Uno dei messaggi indiscutibili della trama è l’accettazione, non solo delle persone che amiamo ma anche di se stessi per come siamo, inclusi i difetti. Questo significa a volte non giudicare il bisogno di provocarsi ferite o di assecondare particolari perversioni, situazioni da gestire con delicatezza ed empatia. E include anche accogliere e abbracciare i nostri lati oscuri, perché anche se oggi possiamo odiarli, c’è stato un momento della vita in cui sono stati importanti per proteggerci.