Recensione: “So che un giorno tornerai” di Luca Bianchini
Care Fenici, oggi Mumù ci parla di un libro meraviglioso, “So che un giorno tornerai” di Luca Bianchini
Angela non ha ancora vent’anni quando diventa madre, una mattina a Trieste alla fine degli anni Sessanta. Pasquale, il suo grande amore, è un “jeansinaro” calabrese, un mercante di jeans, affascinante e già sposato. Lui le ha fatto una promessa: “Se sarà maschio, lo riconoscerò”. Angela fa tutti gli scongiuri del caso ma nasce una femmina: Emma. Pasquale fugge immediatamente dalle sue responsabilità, lasciando Angela crescere la bambina da sola insieme alla sua famiglia numerosa e sgangherata. I Pipan sono capitanati da un nonno che rimpiange il dominio austriaco, una nonna che prepara le zuppe e quattro zii: uno serio, un playboy e due gemelli diversi che si alternano a fare da baby sitter a Emma. Lei sarà la figlia di tutti e di nessuno e crescerà così, libera e anticonformista, come la Trieste in cui vive, in quella terra di confine tra cielo e mare, Italia e Jugoslavia. Fino al giorno in cui deciderà di mettersi sulle tracce di suo padre, e per lui questa sarà l’occasione per rivedere Angela, che non ha mai dimenticato.
Mia nonna mi ha sempre detto che un buon libro è come un cavallo purosangue: si riconosce al primo sguardo! E io non posso fare altro che confermare le sue perle di saggezza. Vi assicuro che questo libro saprà conquistarvi sin dalle prime pagine, una storia familiare e avvincente di cui vorrete assolutamente scoprire il finale e non riuscirete a staccare gli occhi prima dell’ultima pagina.
Ho sempre considerato la maternità come una porta, varcata la quale nulla sarà più come prima. Ci saranno nuove gioie, dolori, sopraffazione, stanchezza, e sorrisi, tanti meravigliosi sorrisi, e un amore unico. Angela quella porta non l’ha mai aperta, mai del tutto. Pasquale rinnegando lei e la bambina l’ha segnata interiormente, infrangendo i suoi sogni e le sue speranze di un futuro felice insieme, e cambiando definitivamente le sorti di entrambi, oltre che di Emma.
Piccola dolce Emma, abbandonata al proprio destino da due genitori scellerati, che genitori non lo sono mai stati. Pur avendo ricevuto tanto amore dalla famiglia materna, vive la propria vita con un grande vuoto interiore, vuoto che vorrebbe colmato dalla propria mamma che, sorda alle sue grida silenziose e disperate, preferisce vivere la propria vita altrove, lontano da quella figlia che le ricorda i propri sbagli e il proprio amore perduto. Emma cresce indomabile, spinta dalla Bora Triestina, nulla che possa placare la propria tempesta interiore, sempre nella speranza che la sua mamma si decida a tornare da lei. Ma ad Angela quella figlia non basta, lei vuole Pasquale, e nonostante siano passati tanti anni sente il suo amore per lui sempre forte e vivo, salvo scoprire alla fine che il vero amore era sempre stato silenziosamente al suo fianco. Lo stesso Pasquale vive nel ricordo di quell’amore nel tempo e nello spazio, reso ancor più dolce dal pensiero di quello che poteva essere ma che non è mai stato, un po’ per mancanza di coraggio un po’ per egoismo.
Quando vide la fototessera del 1968 appoggiò la testa sulla spalla di sua figlia e iniziò a singhiozzare. Emma la lasciò sfogare, e le venne anche un po’ da sorridere: non riusciva mai a essere figlia, ma sempre qualcosa di diverso. Nipote, cugina, ora sembrava lei la madre di sua madre e doveva provare a consolarla. Angela cercò di riprendere il controllo.
«Cosa farai, lo andrai a trovare?»
«Non lo so.»
«Verrà lui qui?»
«Non lo so.»
Libro dalla scrittura semplice ma ineccepibile, mai alcuna sbavatura o carenza; riesce a coinvolgere il lettore in un crescendo di emozioni che si susseguono e alternano. Ogni personaggio viene curato nei minimi dettagli, la stessa Trieste viene descritta egregiamente, esaltandone i profumi, i rumori, il mare, col suo viavai di gente da ogni dove che passa ma che mai realmente si ferma.