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Recensione: Stigma di Erin Doom

Titolo: Stigma

Autore: Erin Doom

Autore: Magazzini Salani

Genere: Romance

Data di pubblicazione: 16 maggio 2023

Età di lettura consigliata: +18

Certi amori ci restano addosso. Come una cicatrice. La protagonista di questa storia non crede più nei miracoli. Troppe volte la vita l’ha masticata e risputata, illudendola che un futuro scintillante fosse in serbo per lei. Da sola e senza mezzi, Mireya decide di trasferirsi a Philadelphia in cerca di fortuna. Con sé ha soltanto una vecchia valigia, intorno l’inverno gelido di una città sconosciuta. Il suo personale miracolo sembra compiersi quando si imbatte in un’insegna al neon che si staglia nel buio della notte. Eccentrico e sfarzoso, il club Milagro’s è un luogo capace di affascinare chiunque ne varchi la soglia, Mireya compresa. Con l’ostinazione di chi non ha niente da perdere, la ragazza riesce a farsi assumere come barista. Il Milagro’s, però, è più di un locale esclusivo. Dietro le sue porte chiuse, oltre i lustrini e le luci di scena, si intrecciano destini e sussurrano segreti. I più oscuri si condensano tutti nel viso aspro e incantevole di Andras, il capo della sicurezza. Fra Mireya e Andras è odio a prima vista. Entrambi portano sulla pelle gli stessi segni, hanno addosso il marchio di chi ha dovuto imparare a lottare per sopravvivere. Eppure i due continuano a imbattersi l’uno nell’altra, come attirati da una forza misteriosa che non sanno né possono contrastare, stretti da un filo dorato più forte di un destino.

Ero abituata a vederlo sorridere sguaiato come una bestia scappata dal circo, ma c’era qualcos’altro nei suoi occhi. Non era dolore. Non era l’ombra dissipata di un tormento. Era come se qualcuno avesse tolto il sole. Come se l’avessero strappato da quel cielo, scardinato da una volta celeste che, senza l’astro che donava la vita, non sapeva più come morire. Era lo sguardo di qualcosa che sfiorisce ogni giorno, che pulsa, grida e si infiamma come una ferita priva di cura.

Ero davvero curiosa di conoscere il caso editoriale di Erin Doom, e confesso di aver trovato nel romanzo diversi elementi peculiari. Arguta sceneggiatrice, abile nel tessere la trama e nell’architettare ritmo e sviluppi cruciali, è anche dotata di un’ottima capacità stilistica. In questi elementi ho trovato la ragione del successo di Erin Doom, che non posso che confermare.
Un linguaggio ricercato e ricco, ma non barocco o pesante, capace di gratificare chi è interessato ad arricchire il proprio vocabolario e chi non vuole preoccuparsi dell’errato posizionamento della virgola. É intensa e coinvolgente, con toni ricchi di pathos e drammaticità dei romantic suspense o dei dark/mafia romance (seppur in modo più elegante e meno deviato).
Trovo che l’evoluzione della trama sul finale (che non svelerò) sia assolutamente strepitosa, qualcosa di unico che stravolge un po’ i canoni dei classici romance.
Inoltre, ho amato il modo ingegnoso ed efficace in cui viene proposto il punto di vista di Andras, che non viene tralasciato, pur comparendo solamente alla fine (dopo che per tutta la lettura avevamo solamente potuto ipotizzare le sue emozioni), ma recuperato in modo puntuale, evitando ripetizioni o lungaggini, trasmettendoci solo gli elementi importanti in modo scorrevole e intelligente.
Il libro non è autoconclusivo ma vale assolutamente la pena di essere letto anche in attesa dell’uscita del prossimo.

Quel maledetto lo sapeva. Sapeva di essere una meraviglia fatta uomo, sapeva di essere sbagliato, complicato e folle. Andras era il contrasto dei film in bianco e nero, la risata sguaiata nella casa degli orrori. Era la forza di un lampo che spaccava la notte, lo scenario di una città in rovina sotto una tempesta da fine del mondo. Era la cosa più seducente e intricata che avessi mai visto, ma nel suo oscuro splendore sembrava l’errore di un Dio che aveva per sbaglio creato il dogma del peccato.

I protagonisti sono anime che hanno sofferto molto e ora così indurite da provare una passionalità ammaccata, tormentata, per lo più fraintesa con sentimenti di odio e disprezzo. Mireya, ragazza cresciuta troppo in fretta con un cordone ombelicale non ancora tagliato con la madre, è una dura che sa farsi valere e non si appoggia a nessuno. Andras, bad boy arrogante e misterioso, sembra trarre forza dalla rabbia e dalla violenza come un angelo buttato giù a calci dall’Empireo e maledetto.
Ciò che davvero li avvicina è il riconoscere nell’altro un’oscurità che repelle e attrae allo stesso tempo. Non possono sfiorarsi senza produrre scintille, scontrarsi, offendersi, sfidarsi. Ma è attraverso questo continuo attrito che la loro fredda corazza inizia a danneggiarsi, e le fragilità e i segreti a emergere.
Rimaniamo impigliati nella indissolubilità e potenza con cui i due ragazzi si odiano e si amano, in cui si rispecchiano l’uno nell’altro nell’essere entrambi danneggiati, incompiuti, gravati dal peso smodato del proprio passato, del loro essere ugualmente duri e incrollabili, abituati ad aggredire per difesa, a non lasciare entrare nessuno, impermeabili agli altri.
Voltiamo le pagine smaniosi di assistere al formasi delle crepe che si apriranno nelle loro corazze, rivelando una sensibilità e una fragilità altrimenti celata a chiunque altro, aspettando il momento epico in cui uno dei due crolli conquistato dagli attacchi dell’altro, ansiosi di scoprire come evolverà l’energia incredibile che generano insieme.
Il tutto è reso più intrigante dal fatto che per buona parte del racconto non sappiamo davvero cosa pensi o cosa provi Andras.

«Perché sei venuta qui, se non sopporti nemmeno di guardarmi?» soffiò sulla mia bocca. «Te lo dico io: perché anche se ci convinciamo che ci piacciono le carezze, nulla lascia il suo marchio come l’impronta di un morso».

Credo che se si può muovere una critica a questo stile così particolare è che il più grande pregio è anche il suo difetto. L’autrice ha la capacità, con una penna assolutamente deliziosa, di intingere la narrazione di una intensa drammaticità quasi a prescindere dai fatti che accadono. È capace di esacerbare, di far rintoccare con un eco crescente le vicissitudini che accadono ai protagonisti e la loro introspezione. Ad esempio Mireya percepisce a pelle una forte antipatia per Andras, ne avverte l’aura danneggiata, tormentata, di una persona che ha sofferto, che ama o vuole rovesciare sul mondo la cattiveria e la rabbia. Percezione che non sempre è confermata dai fatti, e quasi mai con la stessa forza dell’odio che prova nei suoi confronti.
Questo rende la lettura molto potente, intima, intensa, toccante, ma a lungo andare si avverte il poco sostegno della trama, ovvero il distacco tra i piccoli sviluppi alla loro relazione e le potenti ondate emotive scatenate, il pathos che picchia nel nostro costato: da piccole scintille, frizioni, contatti, sguardi, sfioramenti scaturisce una enormità di sensazioni, pensieri, paure.
Molto intrigante, intenso, coinvolgente il modo in cui entriamo nella personalità, nella profondità, nell’intimo, nel passato, nell’introspezione di Mireya.
Delizioso anche la sensazione po’ straniante del percepire una forte dicotomia tra gli sviluppi effettivi e le emozioni percepite, che ritengo una vera e propria nota di stile, ricercata per arricchire il colore delle parole, e anzi probabilmente pianificata per dosare la tensione e il ritmo della lettura, facendoci emozionare e palpitare, nell’attesa di una storia che si faccia sempre più succosa, quando accadrà qualcosa di significativo che farà svoltare la trama. Un “building” di aspettativa che andrà ad accumulare suspense ed esploderà sul finale.

Finivamo sempre per tagliarci con i nostri spigoli, non importava quanto vicini ci ritrovassimo. Che quella fosse una condanna, o una provocazione che la vita mi stava servendo, non volevo saperlo.

Il romanzo è un po’ lunghetto, non tanto per divagazioni (a parte il numero spropositato di pagine dedicato alla scena da make up artist, non ce ne sono molte che avrei tagliato tout court), ma si capisce che si è cercato di trovare scusanti nuove per aggiungere passi avanti nella loro storia (che, tra parentesi, deve ancora nascere). Tanti minuscoli sviluppi che riecheggiano tantissimo emotivamente ma che sedimentano un senso di aspettativa per qualcosa di forte che effettivamente arriva sul finale. E sarà un climax davvero stravolgente, decisamente inaspettato e spiazzante, che rovescia emotivamente tutto quello che i protagonisti hanno percepito o sperato. Le piccole crepe che si sono aperte nella loro corazza finiscono per infettarsi, lasciandoci con gli occhi sbarrati.
E a quel punto tutto acquisisce un nuovo senso: ripercorrere le tappe emotive dell’incontro con Mireya dà corposità a ciò che appariva leggero, aggiunge significati e ulteriori palpitazioni, e devia la traiettoria della trama facendo tracimare nuova benzina da cui il seguito possa trarre scintilla. Il prossimo volume dovrà anche trovare il modo di approfondire alcuni misteri irrisolti, oltre a rispondere all’aspettativa di veder portato a compimento l’arco di crescita dei due personaggi affinché affrontino i loro fantasmi: la totale frantumazione delle rispettive corazze, che lascerà trasparire la vulnerabilità e ogni altra emozione (attrazione, timore, effetti traumatici del passato, senso di inadeguatezza…) e che lascerà passare il dolore dai cui hanno tanto cercato di proteggersi.
Il finale è un colpo di scena che mescola nuovamente le carte in tavola e regala nuovi margini d’azione per il prossimo libro, dal quale ci aspettiamo di tutto, inserendo nuove situazioni o ridistribuendo le carte.

Volevo entrargli nei sogni, come un portento oscuro, mettere a soqquadro tutto e poi fare angeli di neve nella cenere di quel caos. Non lo spieghi, il bisogno di essere importante. Puoi solo trovarlo nello sguardo di qualcuno, e accettare che si è preso di te tutto quello che tu vorresti prenderti di lui.

Nonostante il giudizio complessivo estremamente positivo intuibile da tutto ciò che ho scritto, vorrei aggiungere un piccolo disappunto per l’unica scena di sesso inserita sul finale. Per quanto tutto il romanzo sia intriso di toni passionali e magnetismo, trovo che la scena di sesso piccante scritta in quel modo così dettagliato, in quel punto e con quei protagonisti sia del tutto evitabile e superflua. Mi è dispiaciuto in particolare perché sembra un approfondimento forzato volto a inseguire audience, ponendo un filtro all’età dei lettori obbligandomi ad alzare il target a un pubblico 18+, quando il romanzo potrebbe essere altrimenti ben spendibile in anche per una fascia d’età più bassa.

Quel gemito glielo soffocai direttamente dentro le labbra: gli strinsi i capelli e gli lasciai un morso rabbioso prima di invadergli il palato con la lingua, intrecciandola con la sua. Volevo sbranarlo, divorarlo, sprofondargli dentro e piantarmi come una freccia tra i suoi difetti. Gli affondai nella bocca impudica e mi persi in una febbre divampante che ardeva della sua stessa insania.

Voto

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