Recensione: “Tenebra Lux” di Alessandro del Gaudio
Oggi un bellissimo noir per Tracy: “Tenebra Lux” di Alessandro del Gaudio
E se lei si chiamasse Alice e sembrasse uscita da una fiaba? E se, andando a fare due passi, ti ritrovassi d’improvviso a vagare in una città immersa nel buio, popolata da incredibili creature? È quanto capita a Leonardo, promettente fumettista che si trova catapultato in una delle sue avventure, in cui dovrà vedersela con spietati demoni pagliaccio e abili spadaccini, bambini gatto e incantatori di anime, ombre incatenate e spiriti dei venti. “Tenebra lux” è una favola dark in cui il mistero e la magia regnano incontrastate, in un labirinto da cui per uscire non è importante essere degli eroi, ma saper trasformare le proprie qualità e i propri sogni in potenti alleati. Surreale e visionario, “Tenebra lux” è il punto d’incontro tra le bizzarre suggestioni di Tim Burton, le strabilianti evocazioni di Michael Ende, e le inquietanti apparizioni di David Lynch.
È una classificazione difficile incasellare questo libro in un’unica categoria. Direi che possiamo parlare di una favola dark, con elementi noir e onirici, che sfociano fino alle tinte horror della letteratura italiana.
Certo è che non mi ha lasciata per nulla indifferente, anzi. Devo dire che dopo un periodo di letture varie, trovare un romanzo del genere, mi ha piacevolmente stupita.
Chi come me ama i fumetti che trattano di fantasy e supereroi è una perla rara poter leggere una trasposizione in narrativa di una scrittura del genere.
Diciamo che l’autore non è nuovo a lavori simili, ma in questo particolare scritto, la sua anima da disegnatore e tratteggiatore di personaggi e di animi umani, sono emersi in tutta la loro bellezza.
Il protagonista principale è Leonardo Ruffo – indicato di volta in volta, sia solo col cognome o col nome – fumettista di un certo spessore che ha dato vita ai personaggi dello scrittore “omonimo” dell’autore, tratti da un epic fantasy sui Templari.
È un personaggio dall’anima solitaria Leonardo, appena uscito da una schiacciante storia d’amore, che ha raso al suolo tutte le sue emozioni. Si sente abbandonato, solo, nonostante il sostegno della sua migliore amica Silvia. Ma si sa, in questi casi, tutta l’amicizia del mondo non riusciranno a guarire un cuore ferito e profondamente segnato.
E quando ciò accade, Leonardo passeggia di sera per la città, per fare in modo che quelle sue tristi sensazioni scemino lungo il cammino.
Strana la città di sera, con le sue luce rade, i silenzi, i profumi che inondano l’anima disposta ad ascoltarli. Come i suoi soffusi o appena accennati che, per paura dell’incognito, siamo portati ad archiviare o ignorare.
Ma il nostro Ruffo non è uno che schiva la vita, anzi, la vive in tutte le sue sfumature, anche quelle più pericolose per la sua stessa incolumità. Ed è così che raccoglie la richiesta di aiuto di una voce in un vicolo buio, dove si inoltra, seguendo un debole lamento. Alla luce tenue di un accendino, che non riesce a tenere viva la fiamma, vede LEI, Alice. Emersa in una notte buia da chissà dove, forse proprio dal mondo delle favole dark che lui ama disegnare.
La guardò con più attenzione. Era ridotta male, aveva anche il viso sporco e zoppicava. Cosa poteva avere da rimproverarsi?
È una ragazza solare, anche se molto timida, e così intrigata dalle piccole cose. Un sorriso splendido che lo conquista al primo sguardo. Saranno i suoi grandi occhi “da cerbiatta” o la sua anima schiva, fatto sta che Leonardo capisce di non poterla abbandonare al suo destino, qualunque esso sia.
La porta in casa sua, le regala dei vestiti, nutre il suo corpo e la sua anima… e fa ciò che ogni disegnatore farebbe in questo caso: riporta il suo viso su carta, con matita e china, per rendere il suo ricordo, indelebile.
«Quand’ero piccola sognavo di diventare una regina, di avere autorità su tutte le creature del reame. Ero talmente potente che nessuno poteva affrontarmi e governavo il regno con giustizia e saggezza» raccontò la ragazza, fantasticando ad occhi chiusi.
Dopo questa prima parte del libro, che racconta un tempo “reale”, in scorrimento, ci ritroviamo davanti tre parti tutte da vivere, in un’atmosfera onirica e sospesa nel tempo, in cui si balza, senza accorgersene, in un percorso parallelo dove personaggi, dall’aria spaventosa e imprevedibili, si ritrovano sul cammino del nostro personaggio.
Chi non si spaventerebbe nel trovarsi completamente avvolti dal buio che non ha nulla della notte più nera? E se emergessero i nostri peggiori incubi, come il clown di IT, animali feroci o addirittura esseri soprannaturali che potrebbero coinvolgerci nella perdizione eterna?
Represse un urlo di terrore.
Era un clown, un pagliaccio con in testa un cilindro consunto, guarnito con una piuma di gufo; un ghigno largo, diabolico, sembrava tagliargli in due la faccia, come se qualcuno gliel’avesse praticato con un coltello.
Direi che ciò che viene tracciato sapientemente dall’autore sono proprio i sogni che hanno popolato i film di Tim Burton, un po’ alla “Edward, Mani di forbice” o lo stesso “Jack Skeletron”, che ho tanto amato, affiancati da personaggi che non vi rivelo, di tratto femminile e molto affascinanti, compreso il volto di una ragazza, vestita da regina, che sarà il filo che legherà tutta la narrazione.
La scrittura è fluida e molto pregnante, vi fa addentrare nel racconto, trascinandovi e facendovelo vivere sulla pelle, in un viaggio da cui emergerete con tante nuove domande e, magari, anche qualche risposta.
Buona lettura.