Recensione: The Equalizer – Prima Stagione
Ecco a voi The Equalizer, la prima stagione che ha entusiasmato la nostra Wicked Wolf. Qui il trailer della serie.
Fenici! Pronte a pareggiare i conti?
Qui ci sono i dieci episodi di The Equalizer giusti giusti per voi, per godervi una serie breve (e rinnovata per una seconda stagione) che senza troppi fronzoli o pretese ci porta quel tantino di azione di cui avevamo bisogno, senza macellarci le parti intime con le lagne personali dei protagonisti.
O perlomeno non troppo.
Queen Latifah regna. Fine della recensione.
Ah, non posso?
Robyn McCall è un’ex agente della qualunque, nel senso che era nella CIA, di qua, di là, Nord Sud Ovest Est starò cercando lei o forse me. Vive a New York con quella rottura di palle vivente che è sua figlia e l’impicciona ma fin troppo utile zia Viv (Will Smith, sei tu?); insomma, se ti tiene la ragazzina notte e giorno mentre fingi di avere un lavoro, il minimo che puoi fare è apprezzare una che lo fa gratis. Non è dato inoltre sapere chi porta di fatto la pagnotta a casa, ma immagino non sia importante.
Robyn si trova per caso coinvolta nelle disgrazie di una ragazza accusata ingiustamente di omicidio, e una volta risolto il caso decide coi suoi amici, quelli coi soldi, di mettere in piedi un’agenzia clandestina che aiuta gratuitamente la gente disperata. Le persone che si rivolgono a loro hanno sempre storie diverse, complesse e originali che richiedono regolarmente l’intervento di tutti e tre: Robyn la fixer, Harry l’hacker (interpretato come sempre da Adam Goldberg che fa solo questo tipo di personaggi) e Mel, cecchina infallibile e ottimo supporto sul campo.
Menzione a parte per Chris Noth nel ruolo di Bishop, ex capo/collega che sostiene la protagonista e le copre le spalle e il detective Dante, un tipo palloso con una scopa nel sedere, perennemente ambiguo e privo di appeal.
Queen Latifah è impeccabile in questo ruolo, con l’arroganza di chi sa cosa sta facendo e sa di essere nel giusto, ma soprattutto indossa dei cappotti bellissimi.
Una serie confortevole che si discosta molto dai film con Denzel Washington e trova una sua dimensione nel numero limitato di episodi, perfetto per non annoiare lo spettatore e mantenerlo concentrato sullo show; i complotti sono interessanti senza essere inutilmente complicati e la trama orizzontale è pressoché inesistente. È il tipico prodotto privo di realismo, con il tipico hacker che dal suo bunker ipertecnologico fa spostare satelliti spia internazionali per tracciare una tizia in mezzo a un bosco, ma alla fine perché no?
È divertente e va bene così: se avessi voluto normalità avrei piazzato delle cimici a casa dei miei vicini!
Certo, si starebbe meglio senza la figlia fastidiosa e la zia impicciona, ma anche lì la loro presenza è talmente limitata che possiamo soprassedere.