Recensione: “The Sinner – La peccatrice” di Petra Hammesfahr
È un afoso pomeriggio di luglio quando Cora Bender, insieme al marito Gereon e al figlio di due anni, arriva sulla spiaggia affollata di un grande lago fuori città. Un sabato qualunque, una famiglia qualunque: una coperta, un cestino da picnic, qualche giocattolo; lui seduto su una sdraio a prendere il sole, lei che sbuccia una mela al bambino. Finché Cora non sente quella musica vibrare nelle orecchie. Si volta, e alle sue spalle vede un gruppo di ragazzi con lo stereo acceso. Il ritmo dei bassi martella nelle sue tempie, sempre più assordante, mentre un giovane dai capelli neri si sdraia sulla sua ragazza baciandola con passione. È solo un attimo, Cora si alza all’improvviso, il coltello in mano, e si getta su di lui: una pugnalata alla nuca, e quando lui si gira tentando di fermarla, lei lo colpisce ancora. E ancora. Finché Gereon, ripresosi dallo shock che lo ha quasi paralizzato, riesce a strappare via il coltello alla moglie e a bloccarla a terra, tra le grida di orrore dei bagnanti.
Quando il commissario Rudolf Grovian la mette sotto interrogatorio, Cora ha una sola risposta: «Non lo so». Ma perché una giovane madre dovrebbe uccidere un perfetto sconosciuto con cinque pugnalate, davanti agli occhi atterriti di decine di persone? Si tratta davvero di un inspiegabile raptus di follia, o c’è dell’altro?
Turbato e affascinato da questa donna fragile e inquietante, Grovian decide di scavare nel passato di Cora. Quello che ne emerge è sconcertante: una madre ossessionata dalla religione e dal peccato; una sorella malata che sfrutta i suoi sensi di colpa per manipolarla… Ma forse non è tutto. Perché Grovian è convinto che le profonde cicatrici che segnano la fronte e le braccia di Cora non siano le uniche che porta addosso.
Cora Bender è una donna come tante altre, un marito e un figlio che ama, una casa pulita e ordinata, un lavoro che non ama ma porta avanti con precisione. Una vita normale insomma. Cora Bender è una donna comune, normale, che, durante un normalissimo pomeriggio al lago con la sua famiglia si gira e uccide il vicino di ombrellone. Perché? Nessuno sa cosa è scattato nella testa di Cora per compiere un gesto simile, toccherà all’ispettore Grovian scoprirlo, tocca a lui provare a districare l’immensa matassa contenuta nel cervello di Cora Bender e questo libro racconta, passo dopo passo, il difficile percorso che porta alla verità.
Non è semplice trovare gli aggettivi giusti per definire questa storia: l’autrice costruisce un percorso attraverso i ricordi della protagonista e le testimonianze di chi le sta intorno, alternando immagini e illazioni che camuffano la realtà, in un vorticare di passaggi mentali che rendono il libro stroboscopico e che disorientano il lettore: ogni volta che pensi di aver capito, si aggiunge un pezzo che conferma e allo stesso tempo modifica il precedente, andando a delineare un quadro intricato che si svela davvero solo nel finale.
Cora Bender è un personaggio complesso, è una donna la cui vita è stata modellata da una mamma il cui fanatismo religioso rasenta la pazzia e da un padre vigliacco che non l’ha saputa proteggere; è una donna in cui il senso di colpa è instillato nel profondo da sempre e che vive cercando di espiare colpe attribuitegli (e attribuitesi da sola) senza motivo. È una donna che ha cercato il riscatto, sempre, perché l’unico desiderio che ha è quello di una vita normale.
«Non si preoccupi per me. So badare a me stessa. L’ ho fatto sin da piccola. Ho perso la retta via piuttosto presto. A quel punto, prima o poi, ci si perde completamente. Ecco la sua verità. Non c’è mai stato bisogno che qualcuno mi desse niente, di sicuro non la roba. Quel che volevo me lo sono sempre preso.»
Non è facile entrare in sintonia con lei o capire la sua personalità, se è una pazza criminale o una bravissima attrice, ma lentamente l’autrice crea quell’empatia necessaria a costringere il lettore a girare pagina dopo pagina con la voglia di saperne di più di Cora Bender e di salvarla.
«Avrei fatto qualsiasi cosa per lei» disse. «Mi sarei strappata il cuore e glielo avrei dato, se solo fosse stato possibile. Lei lo sapeva.»
Il libro è ricco di descrizioni che però vengono frammentate e rese attraverso i vari personaggi, aggiungendo ciascuno qualche dettaglio man mano che entrano in scena. Il ritmo è serrato, rapido come i cambi di scenario che l’autrice propone, all’interno di una storia dai risvolti inaspettati, che suscita sentimenti contrastanti: dalla compassione all’ira per le famiglie di Cora (quella di origine e quella del marito), il sospetto (nei confronti della protagonista e dei vari personaggi che intreccia nel suo cammino), il disappunto (nei confronti di un destino che sembra accanirsi senza motivo) e il desiderio di rivalsa nei confronti di una vita ingiusta.
«Ha mai visto quel buco? Dovrebbe vederlo! Non c’è neanche una finestra. In casa Bender non era niente di più che un gradito animale da lavoro. E ciononostante in quella casa era libera. Era il suo paradiso. Allora uno si chiede: come doveva essere stato il suo inferno?».
Non è stato facile seguire questo racconto, è un viaggio nella psiche umana fatto descrivendo la vita di una persona. Bellissima la scelta di due punti di vista che si intrecciano dando l’idea dell’escalation di follia…ma sarà reale? Cora Bender è pazza o soltanto stanca di combattere? E soprattutto, davvero non conosceva l’uomo che ha ucciso senza apparente motivo? Per scoprirlo, non vi resta che leggere questo avvincente thriller.
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