Recensione: Un bagliore di Jon Fosse
Autore: Jon Fosse
Genere: Narrativa contemporanea
Editore: La nave di Teseo
Data di pubblicazione: 4 giugno 2024
Un uomo è al volante. Guida senza sapere davvero dove sta andando. Ha effettuato diverse svolte a sinistra, altrettante ne ha fatte a destra, fino a ritrovarsi di fronte a un bosco, lungo un vecchio sentiero sterrato segnato da profondi solchi. Il sole è già calato, nevica e fa molto freddo: qualsiasi altra persona sarebbe già tornata su strade e pensieri più tranquilli e sicuri. Ma il protagonista di questa storia si è già inoltrato nel fitto della boscaglia, e la macchina rimane bloccata nel fango. Mentre cerca aiuto nel bosco, perdendosi inevitabilmente, nell’oscurità un bagliore lo sorprende… “Non mi ero mai comportato peggio di così, prima rimanere bloccato con la macchina e poi entrare nel bosco in cerca di aiuto, come era potuto venirmi in mente di trovare aiuto nel bosco, in quella selva oscura, che razza di idea, no, era un errore chiamarla idea, era più una trovata improvvisa, una cosa del genere, che mi era balzata in testa così. Una sciocchezza. Pura follia. Stupidità. Pura e semplice stupidità.” Un uomo sperduto nella natura, un incontro improvviso e misterioso, una storia potente del premio Nobel per la Letteratura 2023, che indaga in maniera selvaggia e poetica gli enigmi del nostro animo.
Comincio questa recensione soffermandomi un attimo sull’autore. Per chi non lo conoscesse Jon Fosse è uno scrittore e drammaturgo norvegese, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 2023. Un bagliore è la prima sua opera che leggo e non sapevo cosa immaginarmi, ovviamente avevo aspettative molto alte considerando il riconoscimento ricevuto l’anno scorso.
A prescindere dalla storia che ha voluto raccontare, che lascia molto spazio a interpretazioni personali, va detto che il suo stile è spettacolare. Un libro scritto come un monologo, senza che vi sia un’apparente narrazione di fondo, dove i concetti vengono ripetuti all’infinito, dove c’è tutto da scoprire e interpretare, ma che permette una lettura scorrevole e, a mio avviso, denota il grande talento di Jon Fosse.
Un bagliore è la storia di un uomo, scritta in prima persona, che per sfuggire alla quotidianità, allo stress, ai pensieri ricorrenti, decide di prendere l’auto e svoltare una volta a sinistra, una volta a destra e andare verso l’incognito. Senza un ragionevole motivo si trova su una strada sterrata di campagna dove le ruote della sua macchina rimangono bloccate e si sente obbligato a decidere cosa fare: aspettare in auto o andare a cercare aiuto. Chiedere aiuto, ma dove? Verso il bosco che ha davanti o indietro dove ha visto solo abitazioni abbandonate?
Sullo sfondo di un paesaggio invernale, sotto la neve, con l’arrivo del buio, segue una presenza, un bagliore, nel bosco. Secondo le sue percezioni potrebbe trovare la salvezza o forse il pericolo. Inizia così la ricerca simbolica della salvezza, del suo essere, dello spirito. Durante questo vagare incontra una luce abbagliante, i suoi genitori e uno sconosciuto vestito ma a piedi scalzi. Le domande, l’interazione, i quesiti aperti lasciano posto alle interpretazioni del lettore. È reale o si tratta di un sogno? È davvero nel bosco o è rimasto nell’auto e sta avendo un incubo? Ha veramente perso l’orientamento e sta girando senza metà nel bosco?
Penso che ogni persona nel corso della lettura possa trovarvi un significato diverso. L’autore trasmette forza, debolezza, insicurezza nelle scelte, dubbio, coraggio, pericolo, silenzio, morte e vita; ognuno può scegliere.
“… all’improvviso sono immerso in una luce così forte che non è una luce, no, non può essere una luce, ma un vuoto, un nulla e, sì, non è forse l’entità splendente quella che c’è davanti a noi, sì, l’entità che fulge radiosa nel suo biancore e dice seguimi e la seguiamo, lentamente, passo dopo passo, respiro dopo respiro, l’uomo con l’abito nero, senza volto, mia madre, mio padre e io, usciamo a piedi nudi nel nulla, respiro dopo respiro, e all’improvviso non esiste più neanche il singolo respiro, ma solo l’entità splendente, scintillante che dal suo biancore illumina un nulla che respira, che adesso è ciò che respiriamo.”