Recensione “Un regalo per te” di Nora Roberts
Buongiorno Fenici, oggi Lucia ci parla di Un regalo per te di Nora Roberts
Arriva un momento dell’anno in cui tutto assume un’aria speciale, in cui pare che i miracoli avvengano davvero e la speranza si accende di nuovo, tanto da spingerci a desiderare l’impossibile, o quasi. È il Natale! Saranno le luminarie, il freddo, la neve che scende dal cielo… tutto appare speciale a grandi e piccini. Che si tratti di un giornalista che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca del successo per poi capire che l’unica cosa che vuole davvero è la ragazza che amava e che ha lasciato anni prima nella cittadina in cui è nato, oppure di una coppia di gemelli che desiderano una nuova mamma – e hanno già in mente chi sarebbe quella perfetta per il loro papà. Il Natale ha in serbo un regalo che può cambiare la vita di tutti in meglio. Basta lasciarsi andare e seguire il cuore. Il resto viene da sé.
La cosa che lo sorprendeva di più era proprio il fatto che quella cerchia di fragili casupole e quella gente insidiata dalla guerra formassero qualcosa che si poteva definire villaggio: una comunità organizzata in modo semplice ma funzionale, in cui i compiti venivano ripartiti fra i membri del gruppo e dove tutti, uomini, donne, vecchi e bambini, potevano rendersi utili. Le uniche tracce della guerra erano le jeep e le casse di armi coperte da un telo ai margini dell’abitato. Erano armi che venivano da lontano, proprio dalla nazione e dalla ditta che lui sospettava fossero alla base del traffico internazionale. Era la prova che cercava, ma in quel momento la scoperta non gli dava la gioia che si sarebbe aspettato. A colpirlo di più erano le cose minime, le scene di vita quotidiana che gli scorrevano davanti, con i loro ritmi lenti e regolari, con i loro inconsapevoli attori. Quello spettacolo gli provocava una strana malinconia. Per qualche oscuro motivo, lo riportava indietro nel tempo, a quando era ragazzo e viveva al paese, nel New England. Anche là c’erano quegli stessi ritmi di vita, nonostante le attività della gente fossero diverse e più complesse. Anche là sembrava aleggiare lo stesso senso di appartenenza che cementava i membri dello sperduto villaggio africano. La gente si sentiva inserita in una comunità, aveva un posto in cui stare, un compito da svolgere, un ruolo. Lui no. Era sempre stato insofferente nei confronti di quei vincoli che gli apparivano opprimenti, di quelle regole che giudicava vuote e senza senso. Fin da ragazzo aveva sognato di tagliare i ponti, di andarsene a girare il mondo in cerca di avventure. Ci era riuscito, e lui solo sapeva il prezzo che aveva pagato, in termini affettivi. Ci era riuscito, ma… forse cominciava a ricredersi. Forse aveva sbagliato qualcosa. Forse la rinuncia era stata troppo grande.
Jason era un ragazzo con grandi sogni, e un desiderio infinito di avventura e di conoscenza. Per questo, non appena ha potuto, alla morte della madre, si è lasciato dietro il piccolo paese della sua gioventù ed è andato via. Ora, dopo molti anni è un uomo di successo, ha viaggiato in tutto il mondo con il suo lavoro di giornalista ed ha vinto anche un Pulitzer e un Overseas Press Award, due dei più prestigiosi premi di giornalismo. Ma durante una spedizione alla ricerca di una banda di trafficanti d’armi che gli avrebbe dato un grande scoop giornalistico, una ferita lo vede costretto ad una sosta forzata, e in questo periodo di calma si trova sempre più spesso a ripensare al suo paese d’origine e alla ragazza che dieci anni prima si è lasciato dietro, convinto che lei avesse capito che sarebbe tornato a riprenderla. Ma Faith pochi mesi dopo si era sposata con un’ altro uomo. Ora per la prima volta in tanto tempo il desiderio di rivedere quei luoghi e quella donna lo porta di nuovo a Quiet Valley nel periodo di Natale. E questa permanenza cambierà per sempre la sua vita.
Due splendidi identici gemelli e un padre single, che da sempre a fatto loro da padre e da madre. Li ha cresciuti con l’aiuto della sorella e della nipote sempre disposte a fare da babysitter mentre lui è occupato al lavoro. Ma quest’anno, i due bambini hanno deciso che Babbo Natale non deve portare loro tanti regali, ma solo le biciclette che tanto aspettano e una mamma dal carattere allegro e sempre sorridente e che abbia i capelli gialli. Ed entrambi, quando vanno alle prove del coro scolastico della cugina, diretto dalla loro nuova insegnante di musica appena arrivata in paese, capiscono di essere stati esauditi. Nell fin dai primi momenti riesce a distinguerli, cosa che fino a quel momento è riuscita solo al loro padre. È sempre dolce, canta come un angelo ed è molto carina, e in più sa anche fare i biscotti, tutte le qualità che Zeke e Zark ritengono assolutamente indispensabili nella loro nuova mamma. È perfetta. Peccato però, che papà Mac troppo scottato dall’esperienza vissuta con la loro madre biologica non intenda far entrare nella vita dei suoi figli una donna che potrebbe ferirli.
In questi due racconti natalizi, Nora Roberts narra due piacevoli storie che ben si adattano al periodo. I personaggi riescono ad essere ben tratteggiati nonostante la brevità, e se le trame più volte sfruttate non sono niente di originale, la scrittura scorrevole rende la sua lettura gradevole. Sono storie molto romantiche, non vi troverete niente di troppo passionale, ma sono anche ben lontane dai migliori libri di questa autrice che da il meglio di sé nel romantic- suspense. Sinceramente non penso che lo ricorderete a lungo, una volta arrivate alla parola fine. Inoltre non posso non rimarcare che sarebbe bene specificare che il libro è una riedizione di vecchi titoli, in quanto non solo “Bianco natale” è uscito molti anni fa nella collana Collezione Harmony, ma “Un regalo per te” comprensivo di entrambi i racconti lo trovate anche nella collana Harlequin hm del 2014. Sempre più spesso è necessario confrontare titoli e autori per essere sicuri di non comprare lo stesso libro più volte. Questo non mi sembra corretto nei confronti del lettore, e purtroppo ultimamente nelle collane Harper Collins sta avvenendo con troppa regolarità, e non posso che esserne dispiaciuta.