Recensione: “White (Serie Black Vol. 3)” di T.L Smith
Buongiorno fenici oggi la nostra Aina ha recensito per noi il libro “White (Serie Black Vol. 3)” di T.L Smith
Tutto cambia, in pochi secondi, minuti, ore.
Lo so bene: è accaduto a me.
Non è stato un cambiamento in meglio.
Sono rotto, andato in pezzi.
No, non è corretto: perdo pezzi.
Parti di me mi sono state strappate con tanta violenza che è impossibile recuperarle.
Anche se vorrei farlo.
Vorrei farlo per lei.
Questa è la storia di Jack e Addy.
Questa è la storia del loro amore.
Fonte della trama: Hope Edizioni
«Addy…» dice a voce bassa, «tu sei una principessa. Non capisci il dolore, la tortura, cicatrici così profonde da lasciare il segno, sono marchi che non si possono cancellare, o convivi con tutto questo o lo fai tuo fino in fondo. Io l’ho fatto mio. Ho reso il dolore e la tortura miei schiavi e li ho soggiogati completamente. Quindi, prima di metterti su un cazzo di piedistallo a giudicare come una stronza, rifletti bene.»
Questo terzo episodio incentrato sul personaggio secondario della serie, Jake, mi ha un po’ delusa.
La sensazione è che la storia sia stata affrettata sia nello svolgimento delle azioni sia nello sviluppo dell’innamoramento tra Addy e Jake, cosi come nelle complicazioni che allontanano i due amanti: tutto troppo rapido. La trama c’è, ma si nota che è stata pianificata e sviluppata in modo un po’ forzato.
La dinamica degli eventi e dei colpi di scena scricchiola, volendo trovare un collegamento tra troppe cose che non sempre reggono un impianto così complesso. Non aiuta il fatto che la protagonista abbia una psicologia un po’ labile e compia scelte discutibili, come quella di tornare dai propri aguzzini una volta riuscita a fuggire, o di recarsi dal sicario incaricato di ucciderla anziché sparire.
Il finale introduce un tema delicato, liquidandolo però in un qualche pagina.
Ho apprezzato il personaggio di Jake, che mi aveva stuzzicato già nei primi due episodi, per il suo essere sopra le righe, ironico, sboccato, sfrontato, e ho amato approfondire il suo contorto rapporto con il dolore. Ma la controparte femminile non è all’altezza del suo carisma.
Addy è una di quelle ragazze che non riesco a sopportare nei romance. Non solo per il suo essere un personaggio piatto, quasi di carta, privo delle sfaccettature psicologiche che è necessario dare a chi vive esperienze dark (violenze, stupri, persone date a garanzia di affari…), ma soprattutto perché è una di quelle donne che, pur non pretendendo che il suo uomo cambi (a parole), permette che lo faccia, lasciando che snaturi se stesso e finisca per perdere il lavoro e persino gli amici, senza concedere niente in cambio.
Non le perdono il fatto di amare Jake ma di non essere disposta ad ascoltare, capire, aiutarlo a uscire dai brutti giri e dall’alcolismo.
In particolare, ho odiato visceralmente il fatto che Addy non si conceda neppure la possibilità di sperimentare qualche perversione nel sesso, cercando un punto di incontro tra la “regina del sesso vaniglia” e il “kink master”. Per quanto è vero che nell’intimità essere consenzienti e compatibili sia necessario, trovo orribile che Addy impedisca a Jake di vivere la sessualità nella sua pienezza, e che non venga dato peso alle perversioni di cui lui ha bisogno.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, in questo episodio Black è ancora più odioso rispetto ai due precedenti, perfettamente in linea con la sua caratterizzazione: taciturno e dai comportamenti ambigui, asciutti, privi di empatia. Difficile capire come due persone come Rose e Jake possano non solo sopportarlo ma addirittura volergli bene.
Concludendo, questo è uno di quei casi in cui devo ammettere che i presupposti per un ottimo romanzo c’erano tutti, ma in cui probabilmente si ha avuto fretta di pubblicare prima del tempo.
«Non puoi darmi quel che mi serve, Addy. Né io ti forzerei mai a farlo. Le mie partner sono sempre consenzienti.»
«Ma a te è piaciuto. Lo so.»
«Sì, però non vuol dire che possa farmelo bastare per sempre.»
«Non puoi o non vuoi?»
«Non voglio.»