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Recensione: “You After Hell” e “Hell After You” di Manuela Ricci

Buongiorno care fenicette oggi la nostra Monica ha recensito per noi il libro “You After Hell” e “Hell After You” di Manuela Ricci

You After Hell
Hell After You

Questa duologia soffre della mancanza di un editing rigoroso. Non solo per la presenza di refusi e di tutti i classici errori che nessun autore dovrebbe compiere (apposto, in tanto, a lavoro, al quanto, c’è la faccio, per non parlare dei congiuntivi e delle povere “d” eufoniche), ma anche per la ridondanza di pensieri e ripetizioni, che rendono la prima persona davvero pesante.

Non tutti i personaggi sono riusciti a conquistarmi, forse perché un po’ stereotipati: la cattiva, l’innamorato, la vittima, e l’altruista. Questo non toglie che il modo in cui si incastrano le loro storie, con tutti gli imprevisti che devono affrontare, possa essere considerato avvincente.

Il romanzo rientra nel genere Young Adult, con una serie di tira-molla tipici e giustificati dall’insicurezza e volubilità degli adolescenti. Se l’innamoramento fra i ragazzi è dipinto in maniera tenue e casta, in linea con un pubblico giovane, è anche vero che c’è un episodio di violenza piuttosto forte, rievocato dalla protagonista più e più volte, per ribadire il concetto del trauma subito. Il secondo volume torna su scene di intimità dolci e graduali, momenti in cui Zac cercherà di aiutare Medyson a superare le sue paure e a ricominciare a credere alle reazioni piacevoli del suo corpo.

Prescindendo dal discorso ortografico, cosa che comunque non può essere considerata secondaria, la trama avvincente è un pregio che, man mano che si va avanti, mostra le sue debolezze.
Quattro protagonisti caratterizzati con personalità monodimensionali intrecciano le loro storie in modo sempre più complesso, generando colpi di scena che riescono a mantenere alta la tensione narrativa da un capitolo all’altro, in uno stile mutuato dalle soap opera o dai racconti pubblicati a puntate su Wattpad che funziona molto bene. La storia tra Zac e Medyson, con questo stratagemma, potrebbe durare anche all’infinito, se si continuasse a inserire nuovi ostacoli.
Se questo funziona bene nel primo libro, nel secondo la mancanza di un editing professionale mostra tutti i suoi limiti: personaggi dimenticati (i padri presentati nel primo libro prospettavano grandi sviluppi) e altri che compaiono senza motivo; filoni narrativi che si perdono (il povero Noah innamorato…) e altri del tutto nuovi che fanno deviare la trama completamente; ma soprattutto, gli imprevisti estemporanei e le scuse narrative che creano il giochino del “tira e molla” si fanno sempre più forzati e incredibili nel tentativo di allungare il brodo, finendo per dipingere Medyson come una ragazzina gelosa, insicura e infantile, centrata completamente su sé stessa.

Ho inoltre ritrovato (aggiungo un “ahimè”, perché alle adolescenti certi messaggi non dovrebbero essere passati, a mio avviso) un sottile maschilismo: la figura femminile che appartiene al maschio di turno e che porta il “valore” dell’essere casta e pura (che scenata le fa, Zac, per un suo flirt precedente, quando nessuno si sogna di chiedere a lui quante donne abbia avuto in passato!). Viceversa, alla figura maschile non viene neppure riconosciuto il fatto di essere stato abusato e ricattato, quindi costretto a una violenza fisica e psicologica prolungata, paragonabile a quella di lei, ricalcando in pieno lo stereotipo dell’uomo che, in fondo, apprezza qualsiasi fiore. Il modo in cui si cerca di descrivere una ragazza che “si salva da sola” non mi ha proprio convinta.

Riassumendo: penso che la cultura si faccia anche attraverso i libri, ma se i libri che diamo in pasto alla gente sono questi, scritti come con il suggeritore automatico del telefono, allora è questo che stiamo spingendo i giovani a imitare, a replicare, ad apprezzare, a considerare cultura, a considerare l’italiano accettabile.
Mi dispiace, ma anche no.

Vuoi dire che ti è successo?» scuoto la testa in senso di diniego
«Zac porta le sue cicatrici coperte dalla sua gentilezza, dai suoi sorrisi, camuffate dalla sua musica ma…- fisso il pavimento – credo che quelle ferite si siano aperte nuovamente»

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