Recensione:”Ferryman: Amore Eterno” di Claire McFall
Dylan ha quindici anni e quando una mattina decide di andare a trovare il padre, che non vede da molto tempo, la sua vita subisce un drastico cambiamento: il treno su cui viaggia ha un terribile incidente. Dylan sembrerebbe essere l’unica sopravvissuta tra i passeggeri e, una volta uscita, si ritrova in aperta campagna, in mezzo alle colline scozzesi. Intorno non c’è anima viva, a parte un ragazzo seduto sull’erba. L’adolescente si chiama Tristan e, con il suo fare impassibile e risoluto, convince Dylan a seguirlo lungo un cammino difficile, tra strade impervie e misteriose figure che girano loro intorno, come fossero pronte ad attaccarli da un momento all’altro. È proprio dopo essersi messi in salvo da questi strani esseri che Tristan le rivela la verità… lui è un traghettatore di anime che accompagna i defunti fino alla loro destinazione attraverso la pericolosa terra perduta.
A ogni anima spetta il suo paradiso, ma qual è quello di Dylan? L’iniziale ritrosia di Dylan e l’indifferenza di Tristan si trasformano a poco a poco in fiducia e in un’attrazione magnetica tra i due ragazzi che non sembrano più volersi dividere. Arrivati al termine del loro viaggio insieme, Dylan proverà a sovvertire le regole del suo destino e del mondo di Tristan, pur di non perderlo.
Ferryman. Amore eterno, primo volume di una commovente, epica e originale trilogia fantasy, è una moderna riscrittura del mito di Caronte: una storia d’amore che supera il limite della morte attraversando i confini dell’aldilà.
Salve, Fenici!
Dylan è una ragazzina di quindici anni che è riuscita ad avere un appuntamento per incontrare suo padre, che non vede da diversi anni. Ma proprio quel giorno accade un fatto che darà una svolta radicale alla sua vita: il treno sul quale sta viaggiando ha un bruttissimo incidente e, apparentemente, lei sembra essere l’unica sopravvissuta. Dopo aver abbandonato il convoglio incidentato, la ragazza esce dalla galleria in cui è avvenuto il disastro e qui incontra Tristan, un adolescente come lei. Insieme affronteranno un lungo viaggio, durante il quale Dylan si renderà conto di essere morta nell’incidente ferroviario, mentre il ragazzo in realtà è un traghettatore di anime che ha il compito di condurre i defunti alla loro destinazione finale. Come sempre non vi svelo altro.
Comincio subito dicendo che da questo libro mi aspettavo molto di più, leggendolo invece ho trovato alcune cose che mi hanno lasciata un po’ perplessa. Partiamo dalla protagonista, Dylan: è un controsenso fino dentro la suprema essenza. All’inizio si dispera per essere rimasta coinvolta nell’incidente e cerca di mettersi in contatto con i suoi genitori, ma dopo aver scoperto di essere morta, in modo del tutto repentino, accetta passivamente la realtà dei fatti, senza versare nemmeno una lacrima. Ogni sua decisione, e in generale tutto il suo comportamento, non hanno senso e questa cosa mi ha leggermente infastidita.
E alla fine di questo primo libro della trilogia ci si rende conto che, come al solito, tutto verte sul destino di un amore già scritto, un po’ un cliché.
La scrittura è scorrevole e sembra adatta ad un pubblico giovane, così come la trama. Purtroppo però, a tratti, ho trovato la lettura noiosa e la storia non mi ha trasmesso emozioni, anzi a volte mi è sembrato tutto un po’ banale.
Mi sarebbe piaciuto di più se certi particolari non avessero presentato incongruenze, come ad esempio il fatto che, se da morti non si provano le sensazioni di fame e sete, perché invece si percepiscono tutti i dolori fisici?
Leggendo la trama l’idea mi era piaciuta, ma purtroppo il libro mi ha delusa lasciandomi l’amaro in bocca.
In conclusione, secondo me, è un romanzo indicato specialmente per i giovani e, se non vi piace il genere, non mi sento di consigliarvelo.