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Recensione:”La mia dolce Prigioniera” di Julia Sykes

Titolo: La mia dolce prigioniera
Autore:Julia Sykes
Editore:Grey Eagle Pubblications
Genere:Mafia Romance
Serie :Dolce prigioniera

Data di pubblicazione: il 2 Luglio 2020

Lei sussulta alla vista del mio volto sfregiato, ma il modo in cui piagnucola e trema risveglia in me un piacere perverso. Nonostante la mia attrazione, devo mantenere una distanza emotiva, se dovrò guardare il mio sadico fratello torturare la nostra prigioniera. La piccola agente dell’FBI sta cercando di smantellare il nostro impero della droga, e non possiamo permetterlo. Ci sono così tanti altri modi in cui preferirei domarla, nessuno dei quali comprende sfregiarla. Sulla sua pelle chiara rimarrebbero dei bei lividi sotto le mie più oscure forme di disciplina. Quando mio fratello decide di risparmiarla e cederla a me, mi perdo in quegli occhi azzurri. Il mio bell’ostaggio ha una vena ostinata e una mente acuta, ma il suo cervello intelligente non può competere con la mia volontà di ferro. Rivendicherò la sua innocenza, e non mi fermerò davanti a nulla pur di possedere il suo corpo vergine. Nessuno la toccherà mai più, specialmente non il mio crudele fratello. Samantha è mia, da tenere e da proteggere. Mia, per giocarci e per punirla. Tutta mia.

 

 

Non mi sarei fermato finché non fosse stata completamente perduta, totalmente in mio potere. Samantha poteva anche essere intelligente, ma la mia volontà era più forte del suo intelletto formidabile. Sarebbe andata in frantumi sotto la mia frusta, e io avrei rimesso insieme i pezzi, plasmandola nel bel giocattolo che desideravo.

(Tratto dal libro)

 

Ho letto questo romanzo dopo aver amato Dolce Prigionia, senza far caso al fatto che entrambi narrassero la stessa storia, vista da punti di vista diversi.

Sono dispiaciuta, ma questa seconda versione a mio avviso non ha dato nessun valore aggiunto rispetto al precedente: viene ripresa pari pari la trama, i dialoghi, le situazioni di cui avevamo già letto nell’altro libro, semplicemente rovesciando il punto di vista al maschile, senza considerare che i dubbi, i pensieri, i turbamenti e le proposizioni di Andrès erano già perfettamente chiari nella prima versione.

Non che lui sia un libro aperto, essendo un malvivente e un sadico; intendo dire che in questo romanzo, nel quale mi aspettavo approfondimenti introspettivi sulla sua storia, sulla sua psicologia e sui suoi struggimenti, non ho trovato niente in più di quanto già inserito nel primo volume.

 

Pochissimi, striminziti e poveri di valore aggiunto i momenti in cui il personaggio ha vita propria. L’ho trovato, in effetti, un puro esercizio di stile, come una versione di latino, dato che anziché costruire la storia sul protagonista, mostrandoci scene o risvolti inaspettati e nuovi, si è preferito sfogliare il vecchio romanzo e tagliare le introspezioni femminili per inserire quelle maschili, riproponendo perfino gli stessi scambi di battute. Mancano analisi di lungo respiro, emozioni che rimangano trasversalmente alle pagine, legami tra scene diverse. È, insomma, un romanzo povero dal punto di vista strutturale, senza evoluzione e crescita nel protagonista e nessuna novità nella trama.

 

Non emerge niente del suo passato, del suo essere oscuro, del suo essere sfregiato come uomo e nell’animo.

Il suo sadismo viene citato più volte, come il fatto che lui brami le lacrime di Sam, ma non è niente di più di quello che dice con le parole. Mi sarei aspettata di scoprire il perché lui sia così depravato, o quanto o come lui sia traviato dentro se stesso, o di scoprire qualche senso di colpa, o magari pensieri ancora più sporchi di quelli che esprime a parole. Invece non c’è approfondimento, nessuna sfaccettatura imprevista e personale.

Di conseguenza, il personaggio rimane caratterizzato appena, presentando perfino certe sbavature dovute alla fretta di voler spiegare ogni piccola scena senza una visione complessiva, in modo asettico e deduttivo.

Questo romanzo non fa che ridursi a una cronaca, anziché ampliarsi introducendo sfumature e approfondimenti, limitandosi prevalentemente a una sequenza di atti sessuali, a giustificazioni artefatte, non inquadrate in strategie ampie, circa le modalità con cui Samantha viene educata, o disciplinata, o sottomessa, in base ai punti di vista.

 

Non volevo distruggere il mio giocattolo.

Era soltanto questo per me. Mi vedeva come il suo mostruoso aguzzino, perciò è quello che sarei stato. Non era necessario che si arrendesse spontaneamente per essermi totalmente devota. Potevo comunque domarla, fino a spegnere il suo fuoco e trasformarla nel mio giocattolo docile e obbediente.

(Tratto dal libro)

 

 

 

 

 

 

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