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Recensione: “Ti rubo la vita” di Cinzia Leone

Care Fenici, oggi Emanuela ci parla di “Ti rubo la vita” di Cinzia Leone

Vite rubate. Come quella di Miriam, moglie di un turco musulmano che nel 1936 decide di sostituirsi al mercante ebreo con cui è in affari, costringendo anche lei a cambiare nome e religione. A rubare la vita a Giuditta nel 1938 sono le leggi razziali: cacciata dalla scuola, con il padre in prigione e i fascisti alle calcagna, può essere tradita, venduta e comprata; deve imparare a nascondersi ovunque, persino in un ospedale e in un bordello. Nel 1991, a rubare la vita a Esther è invece un misterioso pretendente che le propone un matrimonio combinato, regolato da un contratto perfetto… Ebree per forza, in fuga o a metà, Miriam, Giuditta ed Esther sono donne capaci di difendere la propria identità dalle scabrose insidie degli uomini e della Storia. Strappando i giorni alla ferocia dei tempi, imparano ad amare e a scegliere il proprio destino. Una saga familiare piena di inganni e segreti che si dipana da Istanbul ad Ancona, da Giaffa a Basilea, da Roma a Miami, dalla Turchia di Atatürk all’Italia di fine Novecento, passando attraverso la Seconda guerra mondiale e le persecuzioni antisemite, con un finale a sorpresa. Un caleidoscopio di luoghi straordinari, tre protagoniste indimenticabili e una folla di personaggi che bucano la pagina e creano un universo romanzesco da cui è impossibile staccarsi. Cinzia Leone ha scritto un romanzo unico, generoso e appassionante, di alta qualità letteraria e innervato da un intreccio che fugge in volata, rapendo l’immaginazione del lettore. Un libro che, nella gioia della narrazione, riflette sulla storia, l’identità, la tolleranza.

Un libro che mi aveva colpito per la copertina e per la trama e che ha rivelato molto di più del suo involucro.

Potrei definire questo romanzo storico e di attualità una saga, una finestra sul mondo e sui sentimenti di tre donne che, in un crescendo di emozioni, disavventure e trappole della vita, hanno compiuto le loro scelte, non sempre felici, spesso senza ritorno ma comunque coraggiose alla ricerca della propria identità. La storia inizia con Miriam, la moglie di un musulmano turco, un fallito, un avventuriero, un millantatore senza scrupoli che, pur di non perdere i suoi ultimi investimenti, approfitterà di un omicidio, di una morte altrui per appropriarsi di una vita che non gli appartiene. In questo gioco pericoloso trascina la moglie e la figlioletta e sa, anche se apparentemente allontana l’idea, che nel momento in cui inizia questo gioco l’ha già persa.

Perché Miriam non potrà accettare di essere un’altra e di vivere la vita dell’altra e questo travolgerà completamente la sua psiche portandola a compiere un passo estremo. Dall’Africa all’Italia il passo è breve e incontriamo Giuditta e suo fratello Tobia: non si arrenderanno alla morte della madre, alle leggi razziali che gli precludono la scuola, combatteranno anche per il loro padre: ebreo e anarchico spedito al confino, muovendosi per Roma sempre nascosti, ma mai vinti; sperimentando il terrore e la paura, il tradimento e il coraggio di sconfiggere un nemico bieco che vuole fiaccare lo spirito e il cuore. Ma tanti sono i compagni di sventura e tra essi Giuditta troverà l’amore e la speranza di un domani. Arriviamo quasi ai giorni nostri nel 1991 e rincontriamo la famiglia di Giuditta e in particolare, Esther: cresciuta per metà ebrea e per metà cattolica, la donna vive quasi in un limbo, ha alle spalle tanti amori finiti e addirittura un matrimonio fallito.

La proposta di matrimonio, previo contratto, giungerà inaspettata a spezzare la cortina che si era costruita attorno e la relazione con l’uomo che gliel’ha fatta chiuderà il cerchio su come la storia era cominciata, riannodando tanti fili che si erano spezzati e sanando ferite sanguinanti.

Ho trovato la terza parte di questo romanzo profondamente introspettiva e di grande spessore psicologico, seppure la vicenda iniziale mettesse sul tavolino tanti temi importanti come l’appartenenza a una religione, il peso delle tradizioni e delle usanze, la correttezza morale e il coraggio di dire NO. La storia di Esther è emblematica di un’epoca che stiamo attraversando: quanto vale appartenere a una religione rispetto che a un’altra, e che senso ha ritenerne legittima una, rispetto ad un’altra?

Libro molto bello, nonostante il numero delle pagine l’ho letto in un pomeriggio: è impossibile da lasciare.

 

 

 

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